Cibo o finanza, il caso Eataly: è una buona o una cattiva notizia?

Cibo o finanza, il caso Eataly: è una buona o una cattiva notizia?

di Alberto Mattiacci

L'Italia esporta meno cibo della Germania. Ma non siamo quelli delle specialità alimentari che il mondo ci invidia -tipo la pasta, la più grande varietà di formaggi del mondo (sì, più dei francesi), e poi, salumi, dolci, vini, ecc?
In realtà una cosa è riuscire a far consumare in Italia a residenti e turisti- i prodotti italiani; altra è far venire voglia di farlo, a casa loro, agli stranieri. Per vincere questa seconda partita occorre, semplificando, risolvere due problemi: (1) educazione, (2) distribuzione.
Problema 1: molti prodotti del Made in Italy non sono consumabili se non si sanno preparare (avete mai visto un inglese fare la carbonara?). Perché siano acquistati, dunque, occorre che il consumatore sappia come cucinarli (e ne abbia voglia).
Problema 2: come mai se andate a trovare un parente che vive in India gli portate della pasta? Semplice: perché lì non la trova.
Eataly è un'insegna commerciale italiana che ha inventato un tipo di negozio (si dice format) che fa entrambe le cose: porta prodotti del Made in Italy nel mondo ed educa i clienti a usarli. È presente, oggi, in 15 paesi con oltre 40 punti vendita e fattura circa 600 milioni. Vi sembrano molti? Non lo sono.
Carrefour, per esempio, solo in Italia, fattura oltre 4 miliardi e possiede oltre 1400 punti vendita.
Eataly è stata acquisita da una società finanziaria, che vi investirà molti soldi. È una brutta notizia per il Made in Italy? Comparate Eataly e Carrefour e avrete la risposta.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 28 Settembre 2022, 09:55
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