Figli, cultura ed economia: il calo delle nascite, in Italia, non è solo questione di soldi

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di Alberto Mattiacci

Oggi in Italia vive meno gente di due anni fa: circa 59 milioni. I nuovi nati - circa 399mila, record negativo di sempre - non compensano i morti. Questo è un problema (anche) economico. Il PIL misura ciò che viene prodotto entro un confine preciso dai soggetti lì residenti. Perché cresce (o cala)? Perché si produce di più (o di meno), ovvio. La popolazione che cala è un problema: es. meno spesa per consumi, quindi meno produzione per soddisfarli - dunque minore PIL.


Lo Stato sostiene i figli - con l'Assegno Unico e Universale - fino al compimento del 21° anno. Questi soldi significheranno maggiori consumi e PIL ma non basterà a far ripartire le nascite, come una certa mentalità economicista sembrerebbe ritenere, leggendo la denatalità in modo meccanico (i figli costano, troppo per le disponibilità economiche italiane, per cui non si fanno più).

Le risposte semplici a temi complessi sono infatti, se va bene, parziali. Se osserviamo meglio, vediamo che i figli li fanno le madri; che le madri in età fertile sono sempre di meno e che fanno il primo figlio in età sempre più avanzata - diminuendo la probabilità di farne altri. E poi, che lavorare e fare la madre è difficile, frustrante, forse poco compatibile? E poi, che la cultura occidentale non considera più i figli un dovere ma un'eventuale esperienza. Forse, allora, la via per contrastare la denatalità, che è un problema anche economico, non passa per soluzioni solo economiche.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 20 Giugno 2022, 14:28
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