Il futuro in una pera

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di Alberto Mattiacci

Osserviamo una pera. In alto c'è il picciolo, la parte legnosa che la lega all'albero; poi, verso il basso, una parte a forma di cono; di lì il corpo, dove c'è il grosso del frutto; alla fine, in basso, la calicina, la parte meno pregiata. Mettiamola da parte. Fra un attimo, tornerà utile per capire una crisi: quella della più geniale innovazione di sempre. Non ha a che fare con la tecnologia, né con la scienza ma con la società.


È la crisi della classe media: la più grande invenzione sociale dell'umanità.
Per millenni, le collettività umane sono state, diciamolo grossolanamente, spaccate in due: in alto c'era una minoranza, in basso la schiacciante maggioranza. La prima che possedeva tutto, la seconda senza nulla.
Poi è arrivato il Novecento e la crescita, prima e dopo i trent'anni di guerra, di una corposa popolazione possidente e sempre più benestante. La classe media, appunto: persone nutrite da redditi costanti e certi (spesso crescenti con l'età); con un lavoro, perlopiù dipendente; libere da preoccupazioni (infermità, malattie, vecchiaia, istruzione, sicurezza) coperte dalla spesa pubblica. Poi vengono giù il Muro di Berlino e le frontiere commerciali; arrivano le crisi finanziarie del 2008-10. Così la classe media va giù: dal cono della pera scivola via, lungo il corpaccione del frutto; alcuni piombano giù, perfino alla calcina.
Per come è strutturata l'economia capitalistica attuale, la crisi della classe media è il peggio che possa capitare.

Qualcuno lo grida da 30 anni.


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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 23 Dicembre 2020, 14:01
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