Maria Teresa Venturini Fendi: «La scienza nuova arte al Festival di Spoleto»

Maria Teresa Venturini Fendi: «La scienza nuova arte al Festival di Spoleto»

di Simona Antonucci

La scoperta della “particella di Dio”, ma anche l’invenzione di una formula matematica, non sono in fondo delle creazioni?

La strada che ti porta a esclamare “Eureka” spesso si trova con un’intuizione, un guizzo, proprio come succede quando nasce un capolavoro d’arte. Scienziati e artisti sono visionari che si alimentano delle stesse pulsioni». Maria Teresa Venturini Fendi (figlia di Anna Fendi e nipote di Carla Fendi) presenta la mission della Fondazione Carla Fendi che presiede dal 2017, dopo la scomparsa della fondatrice e per sua volontà. Lo fa alla vigilia del lancio dei nuovi progetti nell’ambito del festival dei Due Mondi, al via domani, e della cerimonia del premio “Carla Fendi Stem”, durante la serata finale, al termine del concerto del maestro Pappano. L’onorificenza (che in precedenti edizioni è stata assegnata anche agli scienziati Fabiola Gianotti e ai Nobel Peter Higgs e François Englert) verrà consegnata il 10 luglio all’astrofisica Marica Branchesi per il contributo alla rilevazione delle onde gravitazionali, mentre accompagneranno tutta la manifestazione due opere: per l’arte un gigantesco frammento del lavoro fotografico Fatica n. 26 di Daniele Puppi che ricopre l’intera facciata del seicentesco teatro Caio Melisso Spazio Carla Fendi (già restaurato dalla Fondazione) e per la scienza l’installazione in realtà aumentata Reality? di Gabriele Gianni, all’ex battistero della Manna d’Oro.

La Fondazione è da anni main partner del Festival: cosa vedremo?

«Il programma della direttrice artistica Monique Veaute presenta domani The Passion of Ramakrishna di Philip Glass, diretta da Ivàn Fischer e mai eseguita prima in Europa, per chiudere il 10 luglio con Pappano e la Sinfonia n.3 di Copland: nel mezzo 60 spettacoli, in 17 giorni e 15 sedi. E durante tutti i week end la Fondazione Carla Fendi ospiterà nella sede di Palazzo Racani Arroni, incontri tra il pubblico e i protagonisti».

Il progetto della Fondazione, arTificial e arTechonology, mette in corto circuito i due mondi: che universo ne viene fuori?

«Ci muoviamo su un doppio binario: sostenere e promuovere eventi culturali, con un particolare interesse per la scienza, intesa appunto come intuizione, ricerca e nuova forma d’arte.

Per noi non sono universi separati. Entrambi producono realtà che non esistevano prima. La tecnologia interagisce concretamente con la nostra vita, così come l’arte si nutre si scienza. I video, le immagini in 3D, ma pensiamo anche al dialogo tra matematica e musica. O tra biologia, chimica e moda, sempre più sensibile agli studi su nuovi tessuti ecologici, sostenibili».

Che cosa ha spinto una creativa come lei a dedicarsi al sostegno della genialità degli altri?

«La curiosità. Mi piace tutto quello che non conosco. Prima di selezionare il vincitore di un premio, viaggiamo per istituti, incontriamo personaggi fantasiosi che inseguono particelle, teorie, micro e macro invenzioni. Gli scienziati hanno pensieri astratti, come gli artisti, e noto che sono spesso persone dal carattere profondamente positivo. Tra l’altro le donne sono sempre più numerose e giovanissime».

Che cosa l’ha colpita dell’astrofisica Marica Branchesi?

«Fondamentale il suo contributo alla rivelazione delle onde gravitazionali. Ma sono rimasta colpita dalla sua personalità solare. È giovane, bella. Una stella. Si ripete ormai da anni che non esistono più dive. Lo trovo sbagliato, basterebbe cercarle in altri settori. Le nuove scienziate sono le dive di oggi. Se potessi, vestirei Marica di un rosso passionale, femminile». La sua è un’azienda al femminile.

Che cosa le evoca l’espressione “quote rosa”?

«Mia mamma era l’unica a non venirmi a prendere a scuola. Ero io ad andare da lei, al lavoro. E mia nonna era già in prima linea nel 1925. Siamo state un’eccezione, certo. Molti problemi, oggi, vanno appianati. Le differenze di retribuzione non dovrebbero esistere. Ma sulla distribuzione delle opportunità in base a “quote” ho grande perplessità».

Ci introduca le opere che vedremo a Spoleto: perché le ha scelte?

«Reality? di Gabriele Gianni è un lavoro emozionale. Linguaggio animato in 3D che interagisce con il Battistero della Manna d’Oro. Geometrie, colori, guizzi: una tecnologia di sapore mistico. Quello di Puppi raffigura un’enorme mano ad effetto tridimensionale a trattenere l’intera facciata del teatro. Io lo percepisco come un gesto di protezione, un invito alla tutela del nostro patrimonio».

Ha un sogno?

«Da ragazza lavorai come costumista con Giorgio Pressburger a un’operina che Mozart scrisse da bambino: Bastien und Bastienne, commissionata dal celebre medico, ipnotizzatore e alchimista Franz Anton Mesmer. Scienza... Arte. Il mio binomio del cuore. Mi piacerebbe recuperarla». 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 23 Giugno 2022, 08:09
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