Claudie Haigneré: «Io, prima astronauta europea a visitare la stazione spaziale internazionale»

Claudie Haigneré: «Io, prima astronauta europea a visitare la stazione spaziale internazionale»

di Maria Latella

Claudie Haigneré, poche donne della sua generazione, in Europa, possono dire di aver avuto una vita straordinaria come la sua. Nel 1996 è volata nello spazio con un Soyuz per raggiungere la stazione Mir: la prima donna francese a farlo. La prima donna europea a visitare l'International Space Station nel 2001. Al di là delle competenze tecniche, quali sono le qualità caratteriali che le hanno permesso di seguire questo percorso?
«Sì, ho avuto il privilegio di condurre due missioni spaziali», risponde l'ex astronauta che ieri ha partecipato a Palazzo Farnese alla tavola rotonda organizzata dall'Ambasciata di Francia in occasione della Giornata mondiale delle donne e le ragazze nella scienza. «Sono un medico reumatologo e un ricercatore di neuroscienze, competenze utili per i programmi scientifici nelle stazioni spaziali. Ho fatto molta ginnastica a livello agonistico, vantando perciò un'ottima condizione fisica. Dal punto di vista psicologico, sono una persona calma, determinata, paziente. Mi piace lavorare in team, contribuendo a trovare soluzioni a problemi complessi, ma senza comportarmi come una Wonder Woman».


Parliamo della sua carriera di astronauta. Essere l'unica donna l'ha fatta sentire come un'aliena?
«In occasione della selezione francese del 1985, si presentarono mille candidati, di cui il 10% donne. Alla fine sono stati selezionati 7 candidati ed io ero l'unica donna. La selezione è stata identica per tutti, i profili dei candidati erano molto diversi: pilota, ingegnere, ricercatore, civile o militare, uomo o donna. Non mi sono posta la domanda come donna, ma come giovane adulta che vuole tentare l'avventura spaziale. Ci ho provato. Dopo essere stata selezionata, ho completato la mia formazione di medico, diventando ricercatore con una tesi in neuroscienze. Ho quindi iniziato l'addestramento presso la Città delle Stelle vicino a Mosca nel 1992: ho imparato il russo, ampliato le mie competenze ingegneristiche, simulato missioni con i colleghi russi. È vero che erano tutti uomini, ma non mi sono mai sentita esclusa. Non ero affatto un'aliena, ero invece ben identificata come cosmonauta scientifica. Ho sentito la mia femminilità più come una risorsa che come un ostacolo».


A proposito di alieni, parliamo dell'episodio del 2008. Era stata portata in ospedale e, prima di addormentarsi, ha gridato: «La terra è in pericolo, la terra deve sapere». Ha detto più tardi che si trattava di un esaurimento, c'è qualcosa che vuole chiarire su quell'episodio?
«Quel ricovero ospedaliero corrisponde a quello che oggi comunemente si chiama burn out, dal quale sono uscita rapidamente e che mi ha portato a darmi nuovi obiettivi di vita. Dopo quell'episodio, ho preso la direzione di due bellissimi centri di scienze a Parigi: il Palazzo della Scoperta e la Cité des Sciences et de l'industrie. A parte questo, non c'è mai stata alcuna dichiarazione su alieni o altri pericoli! Il delirio è esploso su un messaggio twitter di un perfetto sconosciuto, uno squilibrato».


Ha visto il film Don't Look Up? Cosa ne pensa?
«Non ho visto quel film, ma ne ho sentito parlare. È chiaro che oggi dobbiamo agire perché il nostro pianeta, l'umanità e la biodiversità sono in pericolo.

L'immobilismo non è più possibile. Dobbiamo guardare in faccia la realtà, agire, educare, innovare, creare. Molte di queste decisioni saranno dolorose, ma le crisi sono anche fonte di opportunità».


Tra il 2002 e il 2005 ha ricoperto importanti cariche politiche: è stata nel governo francese come ministro delegato alla Ricerca scientifica e poi agli Affari europei. Crede che la politica sia in grado di comprendere il valore della scienza?
«Dopo la mia carriera di astronauta, ho accettato di assumere responsabilità ministeriali. Mi sono impegnata su due temi che mi stanno a cuore: la ricerca e l'Europa. La necessità di sostenere la ricerca di base e superare le frontiere della nostra ignoranza per accelerare il passaggio delle scoperte alle soluzioni dei problemi del nostro mondo. Bisogna attirare i talenti e organizzare un ecosistema in cui la potenza pubblica e l'imprenditorialità privata possano integrarsi in buona sinergia».


Quale sarà il futuro dell'Europa ai confini dello spazio? Potrà competere con Cina e Usa?
«Il periodo attuale nel settore spaziale è eccezionale. C'è un'intensa competizione nell'accesso allo spazio. Ma c'è anche una buona cooperazione nel campo scientifico e nel campo delle stazioni spaziali in orbita. È indispensabile che l'Europa sia ambiziosa nelle sue scelte politiche e tecnologiche. Non dotarsi dei mezzi per contribuire a pieno titolo all'avventura spaziale in tutte le sue sfide sarebbe per l'Europa una rinuncia troppo costosa».


Cosa pensa dell'interesse di Elon Musk per lo spazio?
«Musk è un imprenditore brillante e visionario. Con molti fallimenti e molti successi, ha trasformato la tecnologia spaziale. Ovviamente ho delle riserve sulle sue visioni lontane e smisurate, che evocano la futura colonizzazione di pianeti diversi dalla Terra, abbandonando il nostro pianeta alla sua distruzione programmata. Riconosco il visionario e il genio, gli sono grata per stimolarci ad uscire dalla nostra zona di comfort, ma non sono convinta della sua etica».


Sarà possibile che in futuro le disparità tra Paesi e tra Cittadini riguardino anche lo Spazio? Esagero un po' per sottolineare il concetto, ma chi potrà permettersi di andare a vivere su Marte e chi, invece, dovrà rimanere sulla Terra, ecologicamente danneggiata?
«Ha ragione a sollevare questo tema. Le sfide spaziali sono questioni di sicurezza e di concorrenza economica e politica. Ma bisogna affrontare anche le sfide dei beni comuni: la conoscenza condivisa, la pace, la conservazione del nostro pianeta e della vita che porta. Occorre richiamare l'attenzione sulla necessità di mettere insieme norme internazionali elaborate per preservare tanto quanto la Terra, l'ambiente extraatmosferico e il nostro sistema solare. È prendendo la distanza che si è presa coscienza della fragile bellezza del nostro vulnerabile pianeta, ed è con questa distanza intellettuale che si può proseguire saggiamente l'esplorazione spaziale, pur essendo al servizio del progresso dell'umanità sulla Terra».
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Ultimo aggiornamento: Sabato 12 Febbraio 2022, 14:50
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