Mostre a Roma, dalla città medievale a Pasolini, l'Urbe si racconta tra spirito e materia

Mostre a Roma, dalla città medievale a Pasolini, l'Urbe si racconta tra spirito e materia

di Valeria Arnaldi

Nascosta tra le pietre che disegnano l’orizzonte, smarrita nella “memoria” della città, oscurata tra le pagine della storia, c’è una Roma inattesa, mosaico di architetture antiche e basiliche impreziosite da affreschi, concepiti per accogliere e meravigliare il pellegrino, attirarlo ma al contempo tenerlo alla distanza del desiderio, dove tutto pare emotivamente vicino ma nulla è spiritualmente semplice da raggiungere. Alla ricostruzione di questa Roma che catturava gli sguardi e toglieva il fiato ai viaggiatori, che fossero fedeli, regnanti e imperatori, è dedicata la mostra “Roma medievale. Il volto perduto della città”, a cura di Anna Maria D’Achille e Marina Righetti, ospitata fino al 5 febbraio al Museo di Roma a Palazzo Braschi. Oltre 160 opere consentono di fare un salto indietro nel tempo, nell’Urbe tra VI e XIV secolo, dal tempo di papa Gregorio Magno all’indizione del primo Giubileo del 1300. Una città viva e vitale, oggi perduta o forse sarebbe meglio dire “cancellata”. «Scopo prioritario di questa mostra è che i visitatori ricevano lo stimolo a mettersi personalmente in cammino tra strade e piazze, chiese e musei, mossi da una curiosità intellettuale, priva di obsoleti e vieti schemi mentali: il Medioevo, nella sua millenaria vicenda, non fu un periodo buio e  il suo stesso nome è uno dei peggiori segni di questo grande crimine culturale - scrive Marina Righetti, nel catalogo edito da De Luca - Il Medioevo non è una serie di secoli posti in mezzo a periodi splendenti, ma un lungo periodo di gestazione, talora non facile, determinante per la nascita della nuova Europa, secoli che riuscirono a trasmettere e far germogliare i semi della coscienza dell’uomo e della sua capacità di interpretare il mondo circostante».  

Così è una “luce” offuscata da secoli a tornare ad accendersi nel percorso espositivo, realizzato in collaborazione con l’università Sapienza di Roma. Articolato in nove sezioni, l’iter si snoda tra mosaici, affreschi e opere mobili messi a disposizione da sessanta prestatori tra musei, enti religiosi e istituzioni pubbliche e private. Grandi protagonisti, documenti provenienti da luoghi e raccolte romane a raccontare il “sentimento” della città e a farsi, appunto, sollecito a prolungare il cammino fuori dal museo, per ricercare anche nelle strade le tracce di quel passato, nonostante il tempo trascorso, le cancellazioni volute, le sovrapposizioni fortuite e ovviamente gli scenari profondamente mutati.

È proprio il viaggio dei pellegrini verso l'Urbe ad aprire la mostra, in un ideale cammino nel cammino che si fa subliminale sollecito a guardare la città con occhi nuovi, per ricercare non la Roma quotidiana, bensì quella della meraviglia, sede dei successori di Pietro, culla della fede, che attirava credenti da ogni parte d’Europa e a volte anche da più lontano. Cappa, cappello a falde larghe, lungo bastone, cui spesso era attaccata una zucca per contenere l’acqua, sporta e un sacchetto per cibo, denaro e messale: così i romei entravano in città. E così, sulle loro “orme” si entra in mostra alla ricerca di nuovi - e antichi - stupori.

Ecco allora le grandi basiliche, da San Pietro a San Giovanni in Laterano, fino a San Paolo fuori le Mura e Santa Maria Maggiore. È questa Roma che “parla” dalle sue chiese ed educa dagli affreschi, ad essere raccontata come meta, anche grazie a una selezione di oggetti, pensata per dare la misura della ricchezza di opere d’arte in tali luoghi. Ed ecco anche il Papa, narrato nel suo legame con la città, chiave per comprendere la forza di un orizzonte disegnato, anche a livello di emozioni, da cupole e croci. Il Sacro si fa “spazio” da indagare, tra architettura e liturgia - il grande salone del museo è scenograficamente dedicato a un’ideale passeggiata nello spazio di una chiesa medievale - e diventa segno, con le icone mariane portare nelle strade in processione. Ricostruite e investigate sono le committenze di papi e cardinali, l'attività degli artisti e le botteghe artigiane.

A sorprendere poi è Santa Croce in Gerusalemme con i suoi tesori. «Eseguendosi alcuni lavori nella basilica si venne occasionalmente a ritrovare un vano esistente fra il solaio costruito a sostegno del soffitto sottostante ed il soffitto medesimo, eseguito nei restauri ordinati alla basilica dal papa Benedetto XIV verso la metà del XVIII secolo», scrivono i primi restauratori, Biasiotti e Pesarini, presentando la scoperta, nel 1913, di affreschi che occupavano la zona immediatamente sotto il tetto a capriate e che dal 1492 erano stati dimenticati. Gli scavi  condotti nell’area del teatro di Balbo hanno consentito di avere uno spaccato della vita quotidiana medievale. Qui, le case-torri con cui le famiglie dei barones controllavano vaste zone della città. E qui, il fiume, “anima” dell’Urbe, con i suoi porti e le molte attività sulle sue rive. Chiude il percorso un focus sulla comunità ebraica, la più antica al mondo, installatasi a Roma, già dal II secolo a.C. Un viaggio alla scoperta della città “nascosta”, appunto, per imparare a vederla, riconoscerla, comprenderla. Di fatto, riscoprirla.

Dallo spirito alla materia, e di nuovo dalla materia allo spirito.

A cento anni dalla nascita di Pasolini, Palazzo delle Esposizioni, fino al 26 febbraio ospita la mostra “Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo. Il corpo poetico”, a cura di Giuseppe Garrera, Cesare Pietroiusti, Clara Tosi Pamphili e Olivier Saillard. L’ampio progetto “Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo” è articolato in tre sedi per altrettante mostre, e coinvolgerà le Gallerie Nazionali di Arte Antica e il Maxxi, con percorsi espositivi tematici per offrire più sguardi e focus sull’intellettuale.

A Palazzo dell’Esposizioni, l’attenzione è per l’autore come “incarnazione” della parola.

Nel percorso, fotografie vintage, giornali d’epoca, prime edizioni di libri, riviste sulle quali per la prima volta comparvero interviste, articoli, interventi, nonché costumi, dattiloscritti, ciclostilati, oltre a filmati, dischi, nastri. Tutti materiali esclusivamente originali a ribadire anche il peso della materia, i suoi segni, la sua “memoria”. «L’indagine sul corpo poetico parte dall’idea che mai un poeta, uno scrittore, un regista, un intellettuale, è stato così corpo e incarnazione della parola, come Pier Paolo Pasolini - spiegano i curatori - In questa mostra Pasolini è visto in una dimensione radicale di autore, sempre vissuta con la totalità di un corpo che attraversa il mondo e sperimenta la dimensione della fisicità come pienezza, splendore e tragedia, in un amore estremo per la vita e per la realtà e in una opposizione irriducibile e profetica alla sottomissione dei corpi e dei volti, prima ancora che delle menti, alle convenzioni e alle normalizzazioni omologanti, volte ad annullare le caratteristiche dei singoli e le diverse, sorprendenti, incontrollate forme dell’eros».

Sono sette le sezioni che compongono l’iter, per un totale di oltre settecento elementi esposti, riuniti a comporre un ritratto inedito di Pasolini. Si comincia dal “volto”. Pasolini si espone, mette in gioco, racconta con la veemenza della parola e la potenza del gesto. A mostrare il suo modo di essere e comunicare, sono filmati del tempo e una serie di scatti di diversi momenti della vita, effettuati da più fotografi, da Tazio Secchiaroli a Sandro Becchetti, Jerry Bauer, Giuseppe Pino, Dino Pedriali, Ugo Mulas, Mario Tursi, Angelo Novi.

Dall’affermazione alla difesa di sé. Ad essere ripercorsi sono anche i procedimenti giudiziari contro Pasolini con il dileggio che, sui giornali, li accompagna.  La “diversità” spaventa, non trova casa nella società che la condanna e irride, con rancore, disprezzo, odio, sentendola quasi come una “minaccia”. Dall’uomo inviso agli altri uomini alla donna nella sua sacralizzazione. Ecco materia e spirito che si confrontano.  Agli occhi di Pasolini  e nella sua narrazione, il femminile diventa chiave per la libertà. E, nello specifico, ha i visi di sua madre Susanna, Giovanna Bemporad, Laura Betti, Anna Magnani, Silvana Mangano, Maria Callas. È Elsa Morante a insegnare a Pasolini la sacralità di corpi carichi di secoli di oppressione.

Il corpo è indagato anche attraverso gli abiti che lo vestono, mutando le sue forme, nascondendole o invece esponendole, a creare una diversa immagine dell’uomo. I costumi dei film di Pasolini realizzati da Danilo Donati sono in mostra come si trovano nei magazzini che li conservano. Sono su manichino solo quelli di Piero Tosi per Medea e per Chirone. E il percorso continua con incisioni discografiche di canti popolari, canti dei lavoratori, canti dialettali, canti rivoluzionari e di protesta, registrati e raccolti negli anni ’60 e ’70, nonché la produzione sonora e musicale di Pasolini, le incisioni discografiche della sua voce e delle sue canzoni e musiche, oltre ai libretti di sala e alle immagini degli spettacoli di Laura Betti, Sergio Endrigo, Domenico Modugno, Gabriella Ferri. In mostra anche ‘Canzonette’, vinile realizzato da Bomba Dischi, con GUCCI, sponsor del progetto, con Ariete, Franco126, CLAVDIO, Giorgio Poi, POP X & Giacomo Laser che rendono un omaggio alla musica scritta e amata da Pasolini.

Non manca la partitella del Trullo, con le foto di Pasolini giocatore, e di molti altri, da Moravia ai Bertolucci, da Dacia Maraini a Ungaretti, da Fabio Mauri a Laura Betti, da Roberto Longhi a Ingeborg Bachmann.

Su tutto, Roma e la sua gente. «È nell’incontro, nel dialogo con gli altri che avviene l’esperienza più poetica dei corpi: per Pasolini è l’incontro con la gente, con un popolo, non ancora deturpato, non ancora divenuto maschera, e che andrà scomparendo sotto l’oppressione mistificante del “benessere” e sotto la trasformazione alienante e terribile in platea dei consumatori - proseguono  i curatori - Lungo l’intera mostra è palese l’affezione per la gente: centrale è la santità della festa, della gioia, della vita disarmata e vulnerabile delle persone semplici e, sempre, innocenti».

Affianca la mostra, la rassegna cinematografica: “Pasolini prossimo nostro”, curata da Azienda Speciale Palaexpo e dal Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale. In cartellone, fino all’8 dicembre, più proiezioni a ingresso libero presso la Sala Cinema.

Il 28 ottobre il progetto “Pier Paolo Pasolini. Tutto è santo”, vedrà l’apertura della mostra “Il corpo veggente” a Palazzo Barberini, sul ruolo dell’ispirazione della tradizione artistica nel cinema e nell’immaginario figurativo pasoliniano, dai Primitivi al Barocco, dall’arcaismo ieratico dei pittori giotteschi al realismo sovversivo di Caravaggio.

Dal 16 novembre, invece, al Maxxi, “Il corpo politico”, in cui Pasolini sarà indagato attraverso le voci di diciotto artisti contemporanei.

Per tutta la durata del progetto sono previsti eventi e performance coordinati tra le tre sedi e che prevedono il coinvolgimento delle Accademie straniere a Roma, dell’Archivio Luce Cinecittà e del Centro Sperimentale di Cinematografia e di università, organizzazioni, istituzioni.


Ultimo aggiornamento: Venerdì 21 Ottobre 2022, 10:38
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