Ladispoli: non li invita a una festa, loro lo pestano a sangue

Ladispoli: non li invita a una festa, loro lo pestano a sangue

di Emanuele Rossi

Un mancato invito alla festa del loro amico di palestra. O qualcosa ancora da chiarire, sufficiente però a scatenare la furia di due fratelli pratici dell'Mma, le arti marziali miste, e non tesserati nel pugilato come chiarito dalla Federazione Pugilistica Italiana. Sono stati aiutati pure dal cognato nella spedizione contro il compagno di allenamenti. Quell'offesa evidentemente doveva essere ripagata con pugni e calci, inferti sull'addome e sulla spalla. Colpi mirati e così potenti sul volto da fargli perdere l'uso dell'occhio in modo permanente.
ANALOGIE CON COLLEFERRO
Sembrerebbe per un attimo la scena dell'aggressione di Colleferro avvenuta tra il 5 e il 6 settembre, costata la vita al giovane Willy Monteiro Duarte, seppur con motivazioni differenti. Anche lì però ci sono due combattenti uniti dal vincolo di sangue (Gabriele e Marco Bianchi), addestrati per questa disciplina. E c'è un bersaglio su cui accanirsi. Invece è piazza Rossellini, il cuore di Ladispoli, a trasformarsi nel teatro della violenza. A distanza di tempo (il fatto è avvenuto la notte del 20 luglio scorso) i bruti sono stati individuati dai carabinieri della compagnia di Civitavecchia e Ladispoli. A essere arrestati con l'accusa di lesioni personali gravissime in concorso, su ordinanza del gip di Civitavecchia, sono i fratelli Emanuele e Vincenzo Orefice, rispettivamente 31 e 22 anni, netturbino il primo e buttafuori di un locale l'altro, più il cognato Maximiliano Sebastian Paolella, 31enne di origini argentine, magazziniere in un negozio del centro. Tutti e tre risiedono in città. Ma c'è di più. La vittima, un 28enne di Ladispoli, era in compagnia della fidanzata che avrebbe pure tentato di fermare l'assalto. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, però, sarebbe stata bloccata dalla sorella degli Orefice che «trattenendola per una mano» - si legge nel provvedimento del giudice Francesco Filocamo - non le avrebbe consentito di avvicinarsi al suo ragazzo a terra insanguinato. E per questo la giovane è stata denunciata per violenza privata.
LE MINACCE SU WHATSAPP
Per gli inquirenti il movente è da ricercare nei futili motivi. Secondo quanto raccontato ai carabinieri dalla stessa vittima, gli Orefice e Paolella lo avrebbero raggiunto per vendicarsi. Una miccia innescata, per gli investigatori, proprio da quel mancato invito a un party con tanto di minacce indirizzate via WhatsApp pochi giorni prima del fattaccio. «Ti ammazzo ti botte e ti sfregio in viso con un coltello», è l'avvertimento agli atti dell'inchiesta di uno dei due fratelli. La vittima ricoverata all'Aurelia Hospital e poi al Gemelli ha riportato la rottura del bulbo oculare oltre alla lussazione della spalla. Nessuna parola al momento da parte sua, né dei familiari chiusi nel silenzio. Neanche un amico o un parente disposto a parlare. «Meglio di no, quelle sono persone pericolose, dove c'è una rissa ci sono loro», è la testimonianza di un ladispolano.
INTERROGATORI DI GARANZIA
A intervenire invece è il legale delle tre persone arrestate. Intanto è la tempistica a essere contestata. «La circostanza dell'ordinanza dice Carmelo Antonio Pirrone non è attuale ma scaturita dopo oltre due mesi. Tra i requisiti dovrebbero esserci attualità e concretezza e nell'arco temporale non si sono riscontrati elementi tali, come reiterazioni o minacce, da giustificare il provvedimento». Oggi interrogatorio di garanzia in carcere a Roma per Vincenzo Orefice. Lunedì sarà la volta del fratello Emanuele a Civitavecchia e di Paolella a Rieti. Per la difesa qualcosa non torna, compreso il movente. «Vedremo nei prossimi giorni conclude Pirrone a quanto mi risulta solo uno avrebbe agito con violenza, gli altri sarebbero intervenuti per contenere i danni».
 
Ultimo aggiornamento: Sabato 3 Ottobre 2020, 15:10
© RIPRODUZIONE RISERVATA