“Osterie d’Italia”, la guida 2019 di Slow Food per scoprire le migliori cucine regionali

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di Sabrina Quartieri
È l’edizione delle locande di montagna, delle trattorie di paese, dei locali attenti alla scelta dell’olio e del vino. Ma soprattutto è la rivincita dei giovani osti, che entrano da protagonisti nei ristoranti di famiglia, per rileggere la tradizione culinaria con occhi nuovi. A raccontare il patrimonio enogastronomico più genuino del Belpaese è, ancora una volta, la guida “Osterie d’Italia”, edita da Slow Food. Una fedele compagna di viaggio da ben 29 anni, per vivere esperienze golose di qualità seguendo i suoi consigli. Anche per il 2019, le pagine ripercorrono infatti la trasformazione delle nostre cucine regionali e accompagnano il lettore alla scoperta dei microcosmi che sono garanzia di autenticità e di sapori tutti da gustare.
 


Nel volume realizzato dai tanti collaboratori sul territorio e dai due curatori Marco Bolasco ed Eugenio Signoroni, sono presenti: 1617 locali recensiti, 133 nuove segnalazioni, 279 Chiocciole (assegnate a chi incarna meglio il modello di osteria), 213 ristoranti dove è notevole la selezione di formaggi e 361 che si distinguono per la carta dei vini. Ancora: 484 strutture con un orto di proprietà, 370 esercizi con un menu vegetariano e 321 che, invece, sono dotati di un alloggio. Per quanto riguarda il Lazio in particolare, l’edizione 2019 dà spazio a 93 osterie (tra queste, si contano 15 Chiocciole, 13 Formaggi, 18 Bottiglie, quattro esercizi che riservano una particolare attenzione all’olio extravergine d’oliva e i templi sacri del supplì).
 


Tra le novità del “sussidiario del mangiarbere all’italiana” spicca il curioso decalogo redatto dai curatori dell’osteria eccellente: «È accogliente e conviviale, ha un buon rapporto qualità-prezzo, conosce a fondo la materia prima che usa, lavora prodotti di prossimità, sa proporre il vino, anche se è solo quello della casa, non ha il menu degustazione, non scimmiotta il ristorante importante, è moderna ma non rinnega il passato, non insegue le mode, anzi spesso le anticipa e, “last but not least”, ha un bravo oste (o anche più di uno)», raccontano nel libro Bolasco e Signoroni. Un altro spazio che troviamo per la prima volta è quello dedicato ai locali che danno valore all’olio extravergine di oliva, un prodotto particolarmente caro a Slow Food. Ancora: quest’anno, arrivano anche i sei premi speciali attribuiti dalla guida, uno dei quali – sulla migliore carta dei vini – è stato conquistato dall’osteria romana “Da Cesare”.
 
Così, in un momento storico in cui il Belpaese riscopre e apprezza le suggestioni del passato, si fanno strada i luoghi che non tradiscono l’autenticità e le tradizioni delle nostre cucine tipiche regionali. Le osterie recensite nella guida sono simboli, nelle città e nei paesi che le ospitano, della bella italianità che resta immutata nel tempo. Partendo dall’accoglienza che viene offerta ai clienti, ricevuti con il fare gentile di una volta. E proseguendo con l’abbondanza e la qualità dei piatti, proposti ad uno ad uno su delle lavagnette scritte con il gesso. Ancora: con la competenza di chi ama il proprio lavoro, dai camerieri ai titolari, che non conoscono mai cedimenti; con gli arredi semplici e familiari che raccontano storie antiche del nostro territorio; e, in ultimo, con i re e le regine della tavola italiana: i grandi prodotti tipici del Mediterraneo. Nelle osterie migliori si traducono in piatti senza orpelli cucinati da esperte cuoche in grembiule, che conquistano i palati con sapori decisi e ben riconoscibili, ma sempre capaci di adattarsi ai gusti più contemporanei.
 
Marco Bolasco e Eugenio Signoroni, curatori della guida 2019 “Osterie d’Italia”, Slow Food Editore, pp. 896, euro 22 (disponibile anche online su www.slowfoodeditore.it)
 
Ultimo aggiornamento: Giovedì 29 Novembre 2018, 17:35
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