Moreno Cedroni: «Io, cuoco curioso tra crudo e conserve»

Moreno Cedroni: «Io, cuoco curioso tra crudo e conserve»

di Rita Vecchio
È partito con una cucina marinara semplice. Poi Moreno Cedroni - chef patron di La Madonnina del Pescatore sul lungomare di Senigallia - prende due stelle. Nascono così Clandestino Susci Bar (scritto proprio con la c) per gli amanti del crudo, Anikò salumeria ittica e l'Officina, il laboratorio nell'ottica dell'immortalità del cibo. Ed è lui il primo ospite di Identità Golose Hub di Milano fino a sabato.

Quando è iniziato tutto?
«Oramai trentaquattro anni fa. Facevo il cameriere e a vent'anni ho aperto il ristorante. Erano tempi diversi e sono passato per varie epoche, quella delle forme dove sono nati piatti come la Costoletta di Rombo o il Bounty di Seppia, fino al piccante».
Un menu dagli inizi a oggi: ci ha mai pensato?
«Quando finirà la creatività, sì (ride, ndr)».
Ma da dove arriva tutta questa passione?
«Venivo da una casa dove ho mangiato bene, abituato al gusto, ai sapori e al km zero senza saperlo. Abitavo sul mare, con prodotti freschissimi, e l'orto di mia nonna dietro casa. E poi studiavo tanto, perché avido di sapere subito ciò che non conoscevo».
Lei è stato da Ferran Adrià.
«Quello stage è stato sublimazione. Eravamo invaghiti della cucina francese. E invece Ferran (cuoco tristellato spagnolo, ndr) ci ha insegnato che si poteva cucinare bene senza il predominio francese. Il suo gelato al parmigiano mi ribaltò dalla seggiola e da lì è nato il mio tortellino».
Lei è cuoco o chef?
«Cuoco. Una volta dicevi chef e si girava una persona. Oggi dici chef e si girano in dieci. Questo per dire che l'abito non fa il monaco, ma è una parola di cui forse si fa abuso».
Tutti vogliono esserlo.
«E sognano di diventare chef stellati. I giovani si sono invaghiti ma si concentrano sull'aspetto mediatico. Invece il focus è il piatto».
Come è riuscito a fare una cucina innovativa?
«Diventando credibile. Come al Clandestino Susci Bar: scritto con la c sembrava facessi il verso al sushi e fui criticato. A poco a poco, ho riempito di contenuti i menu a tema, da quello dei fiori, alle opere letterarie a quello vichingo. In cucina non si può fare il verso, altrimenti duri una stagione».
Lei ha parlato di immortalità del cibo.
«Grazie al mio laboratorio di conserve e vasetti».
Una barriera da abbattere?
«L'obesità: il cibo deve fare star bene e non male. E lo spreco: nessuno di noi ha conosciuto veramente la fame».
I suoi concetti?
«Una cucina curiosa e facilmente digeribile».
Chi assaggia?
«Io. Sono il critico peggiore di me stesso».

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Ultimo aggiornamento: Giovedì 14 Febbraio 2019, 18:19
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