Davide Caranchini: «I miei piatti dark, ispirati da Iron Maiden e Bansky»

Davide Caranchini: «I miei piatti dark, ispirati da Iron Maiden e Bansky»

di Rita Vecchio
Uno dei ventinove neo stellati italiani. Davide Caranchini, 28 anni, è lo chef di Materia di Cernobbio sul lago di Como, il suo primo ristorante dopo le esperienze a Le Gavroche e l'Apsleys di Londra e al Noma di Copenaghen. Fanatico di musica, di tatuaggi, ha la porta della sua cucina che sta ricoprendo di dediche dei suoi colleghi chef che man mano vanno a trovarlo (e di cui va orgoglioso!).
È stato difficile prendere la stella?
«È stato naturale. Il percorso non è facile. Ma se si fanno le cose bene, la stella è solo una conseguenza. La sognavo da sempre».
Chi l'ha chiamata?
«Lovrinovich (Guida Michelin, ndr). Ma non mi ha detto che avevo preso la stella. Finché non l'ho vista attaccata alla giacca, non ci credevo. Ho pianto per la gioia».
La dedica a qualcuno?
«A mio padre. Non ha fatto in tempo a vederla».
La sua cucina in tre parole?
«Naturale, divertente e sperimentale. Ne aggiungo una quarta: diretta».
Che significa?
«Sono un fedele sostenitore dell'usare tutto quello che abbiamo qui, ma un fedele denigratore del km zero. Penso sia un limite alla creatività. Bisogna partire dal buono, ingredienti e materie prime che si hanno attorno, ma lasciandosi contaminare. Per il resto, nei miei piatti, vale il minimalismo dei sapori. Pochi e ben identificati».
Per questo, Materia?
«Vuole essere una cucina senza orpelli, dalla semplicità apparente dietro cui si nasconde un grande lavoro».
Lei ha iniziato con lo chef Gordon Ramsay.
«Un omone fisicato e burbero. Un giorno arrivò in cucina e mi chiese come mi stessi trovando. Una domanda per niente banale che mi ha spiazzato. L'esperienza lì mi ha cambiato il pensiero».
Ma l'idea di giocare con il nero nei suoi piatti, addirittura mettendo un teschio?
«Sono un fan scatenato degli Iron Maiden. Dopo il concerto di luglio scorso a Milano, sono tornato in cucina e trascinato dall'emozione di quella serata, ne ho fatto un piatto buio e tetro. Ci ho messo tre settimane, e alla fine è venuto fuori Fear of the dark, dal titolo della canzone. Ho pure il tatuaggio della copertina dell'album sul braccio».
E invece il dolce che si mangia con le mani?
«Una provocazione alla Bansky. Ho giocato con una delle sue opere, Il lanciatore di fiori, traducendola nel piatto in altrettanta provocazione: quello di mangiare il dolce con le mani e leccarsi le dita».
Che ci dobbiamo aspettare prossimamente?
«Quello che mi verrà in mente. Intanto mi preparo le valigie: sono in partenza per il Giappone».

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Ultimo aggiornamento: Giovedì 14 Febbraio 2019, 18:16
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