Il giudice gli nega il permesso di lavorare fuori dal carcere, lui scrive un biglietto alla moglie e si impicca
di Francesco Marcozzi
Ed è da quel momento che nella sua mente ha cominciato a pensare al suicidio. E da come si è comportato successivamente si poteva intuire che la tragica fine era stata programmata. Ha messo da parte alcune chiavi e altri effetti personali con un biglietto e una frase semplicissima: «Da riconsegnare a mia moglie». E giovedì verso le 18,30, approfittando dello stato di semilibertà che gli era stato da tempo concesso proprio per il suo esemplare comportamento, si è riparato in un angolo del cortile e con una corda, di cui aveva la disponibilità per i lavori che svolgeva, si è impiccato a una sbarra del cortile del carcere di Castrogno, a Teramo, e quando un altro detenuto, che godeva dello stesso privilegio, lo ha trovato riverso a terra, ha subito dato l’allarme.
Sono arrivati gli agenti della polizia penitenziaria ed il medico del carcere ma per Dante Di Silvestre non c’era più niente a fare: è morto per soffocamento, anche la risposta finale spetta all’autopsia che il magistrato ha già disposto. Di Silvestre era in carcere dopo la sentenza definitiva a 11 anni, con i benefici di legge aveva già scontato quasi metà della pena e aveva ottenuto la semi libertà. «Gli volevano bene tutti in carcere - spiega l’avvocato Lettieri, che vorrà approfondire le motivazioni del diniego al lavoro esterno - e questo perché aveva sempre lavorato sin dal primo giorno in cui era entrato a Castrogno ed aveva sempre offerto la disponibilità a fare tutto. Non meritava una fine così, ma su quanto accaduto ci sarà da approfondire». Verrà coinvolto anche il pm Laura Colica. Intanto è stato deciso l’esame autoptico che è stato fissato per oggi e che dovrebbe essere affidato all’anatomopatologo Pino Sciarra, anche se le cause della morte appaino evidenti.
Ultimo aggiornamento: Sabato 29 Agosto 2020, 09:50
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