Coronavirus, mister Temelin: a Nord è come stare in guerra

Coronavirus, mister Temelin: a Nord è come stare in guerra

di Orlando D'Angelo
 Dai campi di calcio all’epicentro dell’emergenza Coronavirus. Gianluca Temelin, 43 anni, pescarese doc, allenatore della Cremonese Under 17, da anni vive a Bergamo, la città che lo ha adottato quasi ventiquattro anni fa, quando l’Atalanta lo acquistò dalla cantera dorata della Renato Curi di Cetteo Di Mascio (vinse scudetto Allievi nel ‘91/’92), e allena i baby della Cremonese. Il tecnico si ritrova quindi nel bel mezzo dell’area più colpita dai casi di Covid-19.
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«Qui da noi la situazione è precipitata proprio – dice senza mezzi termini Temelin - E’ la terza settimana che siamo fermi tra scuole e attività sportive. Il problema è che abbiamo sottovalutato il virus. Le persone hanno continuato a fare la vita di sempre e la cosa è sfuggita di mano. Ora aumentano i contagiati di giorno in giorno e le strutture, pur essendo molto efficienti, sono quasi al collasso: non riescono a contenere tutte le persone che hanno bisogno di posto in rianimazione. Fuori dalla finestra sento un continuo correre di ambulanza a sirene spiegate».
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Bomber di razza fino al 2014 con 307 partite e 97 gol nei professionisti, Temelin – figlio di Vitaliano, attaccante del Pescara negli anni ‘60 – ha intrapreso la carriera di allenatore proprio con il Delfino, per due stagioni, per poi passare al Francavilla in serie D, come vice di Gigi Iervese, attuale tecnico della Primavera. Quest’anno a Cremona, nella città che lo ha visto entrare nella storia del calcio locale a suon di gol dal 2007 al 2009, si prende cura dei giovani dell’Under 17. «Ma siamo fermi da tre settimane, abbiamo saltato già tre partite. Siamo a quaranta chilometri dalla prima zona rosa d’Italia, Codogno, Castiglione d’Adda, Lodi. Siamo stati fermati subito. Fortunatamente non abbiamo avuto casi tra i nostri atleti e tecnici. Il mio collega dell’Under 14 è di Castiglione ed è bloccato ormai da quasi un mese in quarantena».
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Il calcio si è fermato tardi, avrebbe dovuto dare lo stop già da qualche settimana? «Probabilmente all’inizio la cosa è stata sottovalutata da tutti. Per me dovevano stoppare tutto un paio di settimane fa, quando si è giocata una giornata di serie A dimezzata, che non aveva senso. Ora che il problema ha toccato anche le squadre di A, si è arrivati al punto di fermare tutto. Ma prima dei casi di Rugani e Gabbiani, c’erano stati contagi anche in Lega Pro. Se il virus comincia a circolare così velocemente, bisogna fermarsi, non c’è altra soluzione». Da lontano, non smette mai di seguire con affetto il “suo” Pescara: «E’ la mia città, ho sempre tifato Pescara fin da bambino, per due anni ho avuto l’onore di allenare nelle giovanili biancazzurre e mio papà ha giocato con quella maglia: è la squadra del mio cuore. Purtroppo so che sta avendo delle difficoltà, ha parecchi giocatori infortunati e ha avuto anche diversi influenzati. Cosa mi auguro per il Delfino? Prima di tutto che si torni tutti a giocare. E spero che in quel momento il Pescara riuscirà a superare i problemi: ultimamente ha fatto fatica, tanto che il presidente ha anche cambiato allenatore. L’obiettivo è salvarsi il prima possibile. Per me il massimo sarebbe festeggiare la salvezza della Cremonese e del Pescara la prossima estate». Il cuore di Temelin è in riva all’Adriatico in questi giorni di paura e isolamento: «A Pescara ci sono tutti i miei familiari. Mia madre, mio fratello, mia zia e i miei cugini. I miei amici. Sono tutti giù. A loro rinnovo l’invito che ho fatto già privatamente su whatsapp: non sottovalutiamo il problema, restiamo a casa. So che c’è il sole e il mare e viene voglia di uscire e passeggiare, ma urge fare un sacrificio. Perché non è bello quello che stiamo vivendo noi qui. Ho amici nei reparti degli ospedali di Bergamo e i loro racconti sono quelli di una vera e propria guerra».
Ultimo aggiornamento: Sabato 14 Marzo 2020, 12:48
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