Consiglio di Stato, arrestati un carabiniere e
un'impiegata: "Passavano documenti riservati"

Consiglio di Stato, arrestati un carabiniere e ​un'impiegata: "Passavano documenti riservati"

di Davide Manlio Ruffolo
Consiglio di Stato a porte aperte. Anche troppo, anzi in maniera decisamente truffaldina.





Accesso abusivo al sistema informatico del Consiglio di Stato, corruzione, rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Con queste accuse, a seconda delle posizioni ricoperte, sono finiti agli arresti domiciliari un carabiniere e un'impiegata amministrativa che, da quanto si apprende, nei mesi scorsi erano già stati allontanati dal Consiglio di Stato. Iscritti nel registro degli indagati, nel medesimo procedimento, anche 20 avvocati di varie città italiane che, da quanto riporta l'ordinanza, in cambio di soldi, si avvalevano delle “consulenze” offerte dai due arrestati.



Per sei avvocati, inoltre, è stata disposta la misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria. A condurre l'operazione sul nuovo scandalo corruttivo, in cui venivano barattati soldi in cambio di informazioni e documenti, sono stati i carabinieri del comando Provinciale di Roma che hanno eseguito un'ordinanza emessa dal gip del Tribunale capitolino.



Le indagini hanno preso spunto da alcune circostanziate denunce sporte dai tecnici di Palazzo Spada che avevano rilevato e segnalato alcuni accessi abusivi al sistema informatico dell'organismo giurisdizionale, quest'ultimo sede di documenti, atti e sentenze. Ben presto, dalle investigazioni dalla Procura della Repubblica, si è scoperto che tali accessi abusivi erano concreti e che alcuni dati erano stati trafugati. Così gli inquirenti si sono concentrati sull'individuazione di chi fosse l'autore materiale degli accessi illegali al cervellone di Palazzo Spada e, ben presto, hanno scoperto numerosi indizi che puntavano il dito nei confronti dei due dipendenti infedeli.



Non solo. Dalle indagini è emerso che le informazioni indebitamente acquisite venivano fornite, sotto pagamento, a numerosi studi legali di tutta Italia. Proprio l'elevato numero di contatti intrattenuti dalle due talpe interne al Consiglio di Stato, su cui gli inquirenti continuano a lavorare, potrebbero portare, nei prossimi tempi, ad ulteriori iscrizioni nel registro degli indagati.
Ultimo aggiornamento: Martedì 16 Giugno 2015, 07:25
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