La protesta contro il Governo: «Il 1° giugno staccate la luce». Quando la rivoluzione si fa sui social
«La sfida per gli editori è ora assicurare che il giornalismo sia davvero rilevante e di qualità», spiega Rasmus Kleis Nielsen, uno degli autori della ricerca. Secondo l'indagine, condotta insieme all'Università di Oxford e a YouGov, solo il 23% degli utenti si fida delle notizie sui social, rispetto al 34% di quelle rintracciabili sui motori di ricerca, al 44% della fiducia nelle news in genere e al 51% delle fonti a cui gli utenti si affidano abitualmente. Cala in molti Paesi il numero di persone che usano Facebook per le notizie. Ad esempio, è diminuito di 9 punti percentuali negli Stati Uniti, rispetto al 2017, che diventano 20 punti tra i più giovani. Allo stesso tempo, si assiste all'aumento della fruizione su WhatsApp, Instagram (entrambe della galassia Facebook) e Snapchat, un trend già delineato lo scorso anno e presente soprattutto nei più giovani.
A contribuire al calo, anche la mutazione dell'algoritmo della piattaforma di Mark Zuckerberg che da qualche mese privilegia i post di amici e parenti alle notizie. Riguardo al tema 'fake news' oltre la metà degli intervistati (54%) afferma di essere preoccupata che le notizie siano reali o «false» su Internet. Il dato è più alto in paesi come Brasile (85%), Spagna (69%) e Stati Uniti (64%) in cui «situazioni politiche polarizzate si combinano ad un uso elevato dei social media». La maggior parte degli utenti ritiene che gli editori (75%) e le piattaforme (71%) abbiano le maggiori responsabilità nel risolvere questo problema, molte delle news di cui si lamentano gli intervistati «si riferiscono a quelle scritte dai grandi media piuttosto che a quelle completamente inventate o messe in circolo da potenze straniere». Europa (60%) e Asia (63%) sono più favorevoli a interventi dei governi sul tema, meno gli Stati Uniti (41%).
Il rapporto contiene anche informazioni sull'evoluzione del settore. Si assiste ad un calo crescente delle notizie tv, in particolare per i notiziari programmati; gli utenti sono riluttanti a vedere video nei siti degli editori, preferiscono fruirli su Facebook o YouTube; aumenta la popolarità per i podcast delle radio; gli assistenti da salotto, come quelli di Amazon e Google, aprono nuove opportunità alle notizie audio. Infine, la monetizzazione delle notizie. Nei paesi del Nord Europa c'è un aumento significativo degli abbonamenti digitali con la Norvegia che raggiunge il 30% (+4 su anno), la Svezia il 26% (+6) e la Finlandia il 18% (+4). E sta emergendo la strategia alternativa delle donazioni, significativa in Spagna, Usa e Regno Unito dove il Guardian «ha attirato centinaia di migliaia di donazioni». «Il verdetto è chiaro - osserva Rasmus Kleis Nielsen - i lettori pensano che per alcune notizie valga la pena pagare, ma in gran parte non lo è. La sfida per gli editori è ora di assicurare che il giornalismo che producono si distingua davvero, sia pertinente e di valore». Leggi l'articolo completo su
Leggo.it