Il guaio sta proprio nello sguardo verso il futuro dei ragazzi chiamati da Mancini: riusciranno ad imporsi nei rispettivi club, a giocare un numero importante di partite internazionali e a percorrere, quindi, la strada di crescita auspicata da Bernardeschi? Perché non si può sperare di acquisire una dimensione top soltanto giocando in Nazionale una volta ogni due-tre mesi.
Vedere il grande calcio dalla panchina potrà, magari, formare in futuro ottimi allenatori. Di certo non una squadra in grado di rinnovare i fasti dei quattro titoli mondiali sistemati nella bacheca della Figc. Dei 14 giocatori schierati lunedì sera da Mancini a Lisbona, solo in cinque sono in doppia cifra in quanto a presenze europee coi rispettivi club: Donnarumma (19 anni e 11 gare in Europa League); Criscito (31 anni e 64 presenze: 34 in Champions e 30 in Euroleague); Cristante (23 anni, 6 in CL e 8 in EL); Jorginho (26 anni, 10 CL e 9 EL) e Immobile (28 anni, 10 CL, 9 EL e una Supercoppa Uefa). In media gli azzurri vantano 12,2 presenze nelle Coppe. Solo per un rapido raffronto William Carvalho, Bernardo Silva e Bruma (26, 24 e 23 anni) hanno rispettivamente 27, 39 e 25 presenze nelle due competizioni continentali. E meno male che Cristiano Ronaldo ci ha risparmiato la sua presenza.
Insomma, è una Nazionale in riserva. Bernardeschi, 24 anni e 23 apparizioni in Europa (18 in Euroleague e 5 in Champions), rubi pure con gli occhi i colpi di CR7 ora che lo ha a tiro. Ma, certo, se non avrà mai la possibilità di caricarsi sulle spalle in prima persona le sorti della Juventus, sfidando da protagonista i migliori difensori del mondo, non riuscirà mai a fare la differenza in azzurro. Lui come tutti gli altri a cui Mancini affiderà il Rinascimento Azzurro.
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