E il cinismo dov’è? L’Eusebio
Di Francesco di oggi è un allenatore che può, a ragion veduta, mangiarsi il cappello come
Rockerduck in
Topolino. Il suo
Sassuolo resta dietro la
Lazio, a -1, perché costruisce chili di gioco senza che ciò porti a punture decise negli ultimi 16 metri. È il trend neroverde del momento. Non per niente, gli emiliani non vincono da sette partite. Sulla carta, ci sarebbe tutto: la velocità d’esecuzione dei triangoli, l’automatismo del tridente là davanti, che fa catena con i terzini e sa far girare come bambole i diretti marcatori. Poi, però, si arriva nell’area di rigore. E lì, come un soufflé, la truppa si sgonfia. Al
Bentegodi, contro un
Chievo vittima dell’emergenza, il
Sassuolo non va oltre la splendida rete di
Sansone. Eppure, le occasioni buone sono parecchie. Frutto anche del possesso palla (quasi 60%) e della superiorità tecnica rispetto alla mediana operaia di
Maran. Ma né
Berardi, né
Falcinelli, né
Duncan, né
Trotta riescono tuttavia a sigillare il match. E così il punto fa un gran bene ai veronesi, orfani di
Castro, Hetemaj, Meggiorini, Gamberini, Izco, Cacciatore, e un gran male alle voglie emiliane di spiccare il salto di qualità.
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