Eccola la parola chiave “Roma” ora più incubo che il sogno cantato da Antonello nel '97: e invece le note antiche, le immagini da super8, le icone capitoline e il feeling rilassato con la gente comune che affolla la Curva Sud, allontanano per una sera dalla rabbia di una città simbolo che oggi sembra esposta a tutto.
È ancora possibile ritrovare, con l'orgoglio della discendenza, uno scorrere della vita come nei versi che sono immagine di “Roma Capoccia”? Sul palco tornano il cappello a larghe tese, il pianoforte e il Segno dei Pesci: mossa da sciamano per un miracoloso cambio di verso. Quello eravamo, ed eravamo migliori. Si può rifare? Leggi l'articolo completo su
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