Una mancia meritata

Nancy Brilli
Sorrido spesso, ma è difficile farmi ridere. Sarà che di mestiere frequento spesso la commedia, ma mi pare già tutto visto, tutto masticato. Però ieri sera, in taxi. Ero lì, bella tranquilla per i fatti miei, tra il guidatore e la passeggera uno di quei tremendi cosi di plastica trasparente, sparapuntinati sul tettuccio e sui montanti, e mi guardavo le luci e i sampietrini scassati. Fatto sta che, all’improvviso, dagli interstizi, dal pavimento, da manco lo so dove, trasuda imponente un tanfo che mammamia. Lo so, sono infantile, ma a me questa cosa delle puzze m’ha sempre fatto schiattare. E infatti. Senza la minima remora, che tanto lo so che non c’è verso, scoppio un una risata inarrestabile, a fischione, proprio. Il tassista, poraccio, che s’era liberato zitto zitto, convinto che la cosa passasse inosservata, si rende conto invece che mi son resa conto, e comincia, rosso come un semaforo, a fare gesti inconsulti, apre tutti i finestrini insieme, accende la radio e il ventilatore, addirittura, disperato, canta! Misentomalemisentomale… Scusi, scusi, mi fa, non mi succede mai, è il caffè col latte intero, è l’età, magari so’ i vaccini… Io non ce la faccio, quasi mi strozzo, comunque arriviamo a casa, sto per pagare, sempre ridendo con le lacrime che mi hanno squagliato la faccia, e lui, nono, offro io, scusi, scusi, offro io… Gli ho dato la mancia più cospicua della mia vita intera. Che ineleganza. Che figura. Mia, eh? Che non mi tengo, evidentemente.
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