«Quando a 14 anni e mezzo avevo quasi deciso di smettere di vivere, ho capito che potevo farcela, a continuare, solo fingendo di essere un'altra, e facendo ridere il più possibile». Sono parole di Monica Vitti, che domani di anni ne compie 90, quaranta circa dei quali vissuti da protagonista del cinema e della televisione italiani facendo appunto finta di essere tante altre donne. Tante quante sono stati i suoi personaggi, divertentissimi o drammatici, energici o fragili, che ha portato agli spettatori con un talento straordinario da trasformista combinato alla capacità di far emergere, sempre, anche l'unicità della sua personalità. Dal marzo 2002, quando partecipò alla prima teatrale di Notre Dame de Paris, Monica Vitti si è definitivamente ritirata in una dimensione privata: colpita da una malattia degenerativa, si è allontanata dalla vita sociale ed è stata protetta in tutti questi anni dal marito Roberto Russo, che ha saputo senza cedimento parare i colpi della curiosità che a volte si chiama morbosità del pubblico e dei media. Non la vediamo da quasi vent'anni, dunque, ma Monica Vitti è sempre, fortissimamente, davanti ai nostri occhi e nel nostro cuore, con la sua voce graffiante e lo sguardo ironico, aperto e nello stesso tempo misterioso. Nata a Roma il 3 novembre 1931, all'anagrafe è registrata come Maria Luisa Ceciarelli ma, come raccontò in un'intervista, «il mio vero nome non funzionava per un'attrice. All'Accademia i miei compagni mi prendevano in giro». Così decise per Monica, come la protagonista del romanzo che stava leggendo, e Vitti, come la metà del cognome di sua madre, Vittiglia. Nel '53 si diploma all'Accademia, studentessa di Orazio Costa e Sergio Tofano, e già sfoggia il suo eclettismo, convincendo sia nel dramma che nei toni brillanti, e la determinazione di perseguire un'autenticità nella recitazione - valorizzando le sue caratteristiche di voce e fisico - che sarà poi il suo punto di forza. Indimenticabile musa di Michelangelo Antonioni nella trilogia dell'incomunicabilità a inizio degli anni '60, Vitti ebbe una ribalta internazionale che la portò poi a essere molto richiesta anche fuori dai confini italiani. Negli anni, l'attrice lavorerà infatti con registi come Roger Vadim, Joseph Losey e, più tardi, con Luis Buñuel, mentre pochi anni dopo i drammi borghesi del regista ferrarese farà esplodere tutta la sua potenza comica grazie soprattutto a Mario Monicelli e al mitico personaggio di Assunta Patané in La ragazza con la pistola, del 1968.
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