Uno che ama mettersi alla prova, Valerio Mastandrea, star poco allineata al mainstream. In teatro torna in virtù del sodalizio con Mattia Torre, fuoriclasse tra i nuovi autori italiani, tra gli artefici di successi non scontati come “Boris”, la serie e il film, o “Dov’è Mario” di Corrado Guzzanti. Dopo il successo di “Qui e ora”, insieme riprendono “Migliore”, da domani al Franco Parenti, un monologo di una decina di anni fa che non solo non ha perso smalto, ma se possibile ha messo ancora più a fuoco la sua micidiale cattiveria. Nera e comica.
In scena, Mastandrea è Alfredo Beaumont, prototipo dell’uomo qualunque: lavora in un call center, fa volontariato, soffre d’ansia e di insonnia, in amore è un disastro. Quando, per eccesso di zelo e goffaggine, è causa di un grave incidente, la sua vita cambia. Viene assolto, ma diventa un’altra persona.
Da mite e docile si trasforma in aggressivo senza scrupoli. Se prima era lo sfigato che faceva tenerezza, adesso suscita antipatia e ammirazione. Le porte che prima trovava chiuse, si spalancano davanti a lui. Fa carriera, le donne lo desiderano, le fobie e le paure scompaiono del tutto. Una metamorfosi al contrario per una parabola divertente e intelligente sul cinismo contemporaneo da (ri)vedere per l’arguzia del testo e l’ottima interpretazione in souplesse di Mastandrea. Leggi l'articolo completo su
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