Barbarossa su Radio2 e anche in tv: «I rapper? Mi tengo i cantautori»

Luca Barbarossa
Luca Barbarossa, si riparte. Nuova stagione “tridimensionale”: radio, tv e da ottobre teatro.

«Già. Siamo all’undicesima stagione. Ormai Radio2 è diventata la mia seconda casa, anzi la prima, come dice mia moglie. Un lavoro quotidiano con un’ottima squadra che dà vita al Social Club, dal lunedì al venerdì in onda su Radio2 alle 10.35, mentre in tv su Rai2 va in onda da oggi alle 8.45».

Più che un lavoro sembra uno spasso.
«Ci divertiamo. Il clima è leggero. Andrea Perroni è un fuoriclasse della comicità con i suoi personaggi, la musica della Social Band di Stefano Cenci e la voce di Frances Alina Ascione».

Tanti big vi vengono a trovare.
«Siamo dei privilegiati perché li vediamo da un metro. Vengono e si divertono perché la radio è più spontanea della tv, non ti fa sentire sotto pressione. E l’artista dà il meglio di sé, con umanità e simpatia. Battiato ad esempio è stato divertente e si è divertito molto anche lui».

Quest’anno c’è anche il teatro…
«L’11 ottobre all’Auditorium. Stesso format come in tv. Freccero ci ha promesso: è come mettere le telecamere alla radio».

E il tempo per incidere canzoni?
«Ehm… è come quando ti dicono hai fatto i compiti? Mi sento un po’ in colpa per la composizione. Ma ho troppi impegni quotidiani. Per scrivere bisogna staccare la spina, mettersi a studiare e sperimentare. Comunque ho scritto L’Amore al Potere per l’album di Fiorella Mannoia».

Sanremo?
«Sanremo non è il campionato ove si partecipa tutti gli anni. Ma è il Mondiale che si fa ogni 4 anni dopo essersi qualificato. Ci vai quando hai un progetto. Sanremo ti permette di presentare quei brani che le radio di flusso non trasmettono. Nel 2018 il mio Passame er sale è andato molto bene ed era un brano in dialetto».

Negli anni 80 c’erano i cantautori, oggi ci sono i rapper? Come è cambiato il messaggio della musica?
«Mi tengo i cantautori. Dylan. De André, De Gregori, Bennato. Era una controcultura in un mondo istituzionale. Tante cose non le sapevi se non te le dicevano loro. Illuminavano le zone d’ombra. Oggi ci sono molti giovani bravi. Fanno autoproduzioni, sono cresciuti nelle ricerche sonore, nel sound, sono al passo con gli internazionali».

Ha parlato di istituzioni. Oggi si è persa un po’ la fiducia nei partiti e nei politici?
«Ci siamo persi, non solo in Italia. Lo scoramento della politica è giustificato dai tanti errori commessi. Bisogna ristabilire il principio del rispetto per l’altro, anche se avversario. Le dichiarazioni su Macron e la moglie fatte dal presidente del Brasile non le fa neanche un bulletto di scuola. Ormai il linguaggio è bassissimo: siamo al Vaffaday quotidiano. Il delirio di potere dilaga: Trump, Putin e basta vedere cosa è successo in Italia a Renzi e Salvini. Ci si dimentica che il ruolo del politico è essere al servizio del popolo, non di se stessi».

E il tempo per giocare al calcio lo trova?
«Ho appeso gli scarpini al chiodo dopo la rottura del tendine con la nazionale cantanti. Oggi gioco a tennis».

Che pensa della nazionale di Mancini?
«Bella, giovane, coraggiosa. Del resto Mancini è stato un grande campione ed è un ottimo allenatore».

E della sua Roma?

«Da ragazzo andavo allo stadio per sostenerla e non farla retrocedere. Era la Rometta. Oggi si naviga più in alto. Soffro in silenzio». Leggi l'articolo completo su
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