Lillo: «Io e Greg, ridiamo di tutto ma la satira politica ci annoia»

Lillo e Greg con Alex Braga
Lillo e Greg festeggiano 16 anni di Radio 2. Questa sera nella Sala A di via Asiago va in onda lo Speciale “610”, la trasmissione diventata cult con la coppia di attori e Alex Braga. Il live è sold out da tempo e il 27 novembre ci sarà il prossimo appuntamento, sempre dalle 21. La vigilia di Lillo è stata segnata dalla febbre.


È febbre da prestazione?
«Macché è influenza da cambio di stagione».

Pronti-via, si riparte con la radio, 16 anni dopo.
«La radio è divertimento, freschezza, quello che ti viene dici con battute fatte al volo. Alla radio preferisco soltanto il teatro in quanto hai l’effetto immediato del pubblico. Noi scoprimmo di piacere solo al primo live quando vedemmo gli striscioni inneggianti ai nostri personaggi».

Lillo e Greg, ormai è una coppia di fatto. Pregio e difetto di Greg?
«Ci conosciamo da ragazzi, dall’86. Artisticamente dal ’93. Lui compensa i miei difetti. Io amo lavorare con tranquillità, lui invece fa 2000 cose al secondo. Mi tiene superattivo. Il suo difetto? Essere un ritardatario cronico. Ora per fortuna arriva solo 40 minuti dopo l’appuntamento. Fino a poco tempo fa era capace di arrivare con 2 ore di ritardo».

A chi vi ispirate?
«Nel nostro dna ci sono gli sketch che vedevamo da bambini, soprattutto quelli con Paolo Panelli e Bice Valori».

L’ottavo nano e Aniene, vi manca la satira politica?
«Non ci interessa proprio. Ci annoia prendere in giro i politici. Ci piace mettere in scena il controsenso e la nevrosi causate dalla mala politica».

Perché in Italia ci sono più attori brillanti che drammatici?
«La tv ha le sue responsabilità perché macina comici che devono far ridere nell’immediato altrimenti sono fuori. Per colpa dell’audience la comicità non si costruisce più».

Lei è social?
«Nel giusto. Mi diverte Instagram. Posto immagini che abbiano un senso, che facciano sorridere o riflettere. Mi ha colpito un episodio della serie Black Mirror ambientata in un futuro in cui le caste sociali erano definite in base ai like».

Quindi Ferragni e Fedez le fanno paura?

«È una forma di divismo. Siamo in un’epoca in cui basta l’immagine per diventare il mito di qualcuno, quando una volta invece dovevi avere una forza artistica molto potente. I fan della Ferragni non sono diversi dalle ragazzine che scrivevano le lettere ai Beatles. Solo che i Beatles erano i Beatles». Leggi l'articolo completo su
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