Il momento giusto, il posto giusto. Irene Grandi si fa blues e, a ben pensarci, la metamorfosi è solo in apparenza insolita. Col suo piglio genuino, la sua istintiva ricerca di soddisfazione musicale («non sono fatta per i riti tv, a me piace il palco») e, infine, col calendario stravolto dalla pandemia, è stato naturale per la cantante toscana buttarsi in un esperimento live rigeneratore. Eccola dunque al Blue Note domani per un doppio concerto dal repertorio nazionale e internazionale colorato di nero.
Com'è nata l'idea di un live blues?
«È stata una scelta maturata in questi mesi difficili di pandemia e lockdown. Io e i miei musicisti Saverio Lanza alla chitarra, Piero Pistilli al basso e Fabrizio Morganti alla batteria eravamo irrequieti, c'era la frustrazione di aver dovuto interrompere la tournée nei club pensata dopo il Festival di Sanremo 2020».
La cura è stata il blues.
«È un genere musicale di nicchia ma il suo influsso si sente in tutta la musica moderna.
Che effetto le fa approdare al Blue Note di Milano?
«Posto giusto nella città giusta: Milano mi è sempre piaciuta per come sa cambiare e rinnovarsi. Questo mio progetto nasce proprio dall'idea di rinnovarsi, per reagire al blocco della pandemia. Mi fa pensare che da questa scelta possano nascere ispirazioni per i prossimi lavori discografici che farò. Magari nascerà qualcosa che, seppure pop, avrà dentro questi colori blues».
Tra l'altro non si tratta di una tantum: il suo live Io in Blues, come l'ha chiamato, dura da tutta l'estate.
«Il 2 ottobre ho ricevuto a Faenza il Premio MEI Meeting delle Etichette Indipendenti per questa mia scelta radicale. È stata una soddisfazione».
Che repertorio farà?
«Brani degli artisti che ho appena citato, cui vanno aggiunti Mina, della quale canto E poi, un brano degli anni 60, Lucio Battisti, Prince. C'è anche una versione più cruda e blues di Personal Jesus dei Depeche Mode. E poi spazio anche per qualche mio brano riletto in blues: come Lasciala andare».
Tornerà in studio a fare dischi?
«I miei fan lo chiedono, e succederà. Però mi tenta anche il teatro, recitare. Chissà, penso che sarei adatta a un musical».
I talent show in tv non fanno per lei?
«Non li ho mai amati. Né io, né la mia band, né il mio team di lavoro. Vedi quei giovani, decisamente acerbi e che hanno suonato poco nei locali, catapultati su palchi. Lì dentro, la maggior parte scompare. Non mi piace di avere responsabilità su di loro».
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