«I tre protagonisti maschili sono molto diversi fra loro - conferma Timi - io cerco di conferire a ciascuno una personalità ben definita, secondo atteggiamenti e gestualità propri. Il dottor Rank, spiega, è l'amico, è il tipo che non prende, ma dà. È lui che incita Nora a spiccare il volo, ma è un fiume arido: ha preso la sifilide dal padre quando era bambino ed è come marchiato, non può avere relazioni, dunque è vergine. Krogstad, il procuratore, è come una pietra, è un Helmer, il marito di Nora, ma a cui tutto è andato male. Quanto a Helmer sembra lineare ma è il più complesso. Il marito padrone, il borghese ipocrita da cui Nora fugge, ma leggendo il testo capisci che non è così».
L'opera indaga dunque più sull'attuale crollo maschile e sulla solitudine che ne deriva, che sull'emancipazione femminile che erge la donna da vittima a eroina, interpretata sul palco dalla protagonista Nora (Marina Rocco) che si affranca dal marito. Tuttavia l'attore sottolinea come fra i protagonisti, in Ibsen nessuno ha ragione, né l'uomo, né la donna e, aggiunge: «Nora accusa Helmer di trattarla come una bambola, dicendogli che per trovare se stessa se ne deve andare e lui le propone di farlo insieme perché è una cosa bella. È il modo giusto per vivere una relazione. Magari proprio con l'uomo che mette in discussione se stesso, si mostra più fragile, più debole. Le sfumature sono una ricchezza: se l'uomo diventa un po' femmina è ok». Leggi l'articolo completo su
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