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Elodie, un rientro alla grande.
«È come se ricominciassi dall’inizio».
Un disco ricco, all’insegna del “chi più ne ha più ne metta”.
«Gemitaiz, Fabri Fibra, Lazza, Margherita Vicario, Stash, Levante… Mi piace confrontarmi. Due anni di lavoro intenso per raggiungere libertà di fare musica, senza regole. Un disco deciso. Coerente, parla di me. Ci sono pure dei messaggi vocali veri (quello in cui parlo di Marracash o quello in cui chiedo a mia madre la foto del booklet). È come se mi sentissi interprete e attrice delle canzoni».
Un episodio divertente?
«A Neffa non piaceva come pronunciavo il “mo’” della strofa. Non ci siamo parlati per dieci minuti. Lavorare con Giovanni è stata davvero una bella esperienza».
C’è pure un brano di Marracash.
«Cantare la canzone di un altro è già difficile. Portarla da rap a ballad, pure. Se poi è quella del mio fidanzato, non ne parliamo. Glielo ho detto in vacanza in Oman che l’avrei fatta. E l’ha presa bene».
Lei bissa Sanremo.
«Tre anni fa ero meno consapevole. Oggi dovrò sempre fare i conti con l’ansia. Andromeda è difficile da cantare. Salta da un’ottava all’altra. È una donna che si racconta senza filtri, in cui si ritrova l’inizio della mia storia con Fabio (Marracash, ndr). E Alessandro (Mahmood, ndr), da amico, non poteva che scriverla meglio».
La cover?
«Adesso tu di Eros Ramazzotti del 1986: una storia di periferia simile alla mia (sono di una zona popolare di Roma). Con il pianista Aeham Ahman: in Siria, suonare per le strade piene di macerie ha un significato forte. Nel 2015 gli hanno bruciato il piano perché una legge proibiva la musica. Ma la musica non ha confini. E non può essere fermata. Ed è quello che faremo all’Ariston».
Da donna, pensa che Amadeus abbia esagerato?
«Sotto pressione ci si può esprimere non al meglio. Ma non credo volesse offendere qualcuno».
E lei, ha paura di non essere capita?
«No. Chi vuole mi ascolta. Io resto sempre io. Anche nei live (a Milano il 16 aprile e a Roma il 18 aprile)».
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