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A coordinare i report è Patrizio Pezzotti, esperto di Modelli matematici e Biostatistica: come spiega il Corriere della Sera, i pazienti hanno un’età media di 55 anni e non più di 60. E il numero diminuito così tanto, consente di fare diagnosi anche sulle persone con meno sintomi: inoltre l’origine del contagio in tantissimi casi è familiare. «I cluster familiari sono quelli che vediamo più facilmente perché tamponiamo tutti i membri della famiglia», le parole di Pezzotti. Ma restano ancora focolai nelle case di cura e casi tra gli operatori sanitari.
Quanto alle loro condizioni generali, i casi sono meno gravi, come detto nei giorni scorsi da Alberto Zangrillo, direttore del reparto di Terapia intensiva del San Raffaele, di cui tanto si è parlato dopo che ha definito «clinicamente morto» il virus. L’infettivologo Massimo Galli, del Sacco di Milano, ancora ieri però parlava di stare «attenti ad atteggiamenti troppo liberali», seppur confermando che «le persone che ricoveriamo sono poche e stanno meglio». Leggi l'articolo completo su
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