E che lo scontro esploda proprio nel giorno in cui la vicenda sembra avviarsi verso una soluzione, non è un caso. Le trattative in corso a Bruxelles per ridistribuire in Europa non solo i 49 sulle navi delle Ong ma anche gli altri 249 migranti sbarcati autonomamente nei giorni scorsi a Malta - condizione che il governo de La Valletta ha posto per consentire di far scendere a terra uomini donne e bambini a bordo di Sea Watch e Sea Eye - hanno coinvolto anche l'Italia. Che da un lato, con Palazzo Chigi, si è detta disponibile a farsi carico di una quota di migranti, una quindicina come detto già ieri dal premier. E dall'altro con il Viminale a ribadire il suo no ad ogni apertura.
Ecco perché da Bruxelles alla fine è trapelato solo che Germania e Francia avrebbero accolto 50 persone ciascuno mentre Portogallo, Lussemburgo, Olanda e Romania ne avrebbero presi complessivamente un'altra trentina. E l'Italia? Silenzio assoluto da Bruxelles, dove le fonti hanno ribadito più volte di non voler dire nulla vista «la costante evoluzione della politica interna del paese». È stato dunque Conte a fare la prima mossa. Ma prima il presidente del Consiglio ha tentato di limitare i danni, schierandosi sulle posizioni già espresse da Salvini. «L'Italia - ha detto infatti - ha assunto una posizione di rigore, forte, una svolta rispetto al passato. Ma nella gestione dei flussi occorre un approccio strutturato» che non c'è. Dunque «la delusione verso l'Europa è forte». Poi però è arrivata la svolta. «Questo è un caso eccezionale, con donne e bambini da oltre due settimane in mare. Non volendo tradire la linea di coerenza del governo, penso che il sistema Italia possa sopportare poche donne e pochi bambini. Ed è contrario a qualsiasi principio separare padri e figli. Salvini esprime una linea condivisa dal governo ma se marchiamo nel segno dell'eccezionalità un intervento di questo tipo, la linea del governo non può essere tacciata di incoerenza».
Insomma, aggiunge il premier per essere più chiaro, «se non li faremo sbarcare li prenderò con l'aereo» perché «alla politica del rigore c'è un limite».
Leggo.it