È questa la cronaca del sofferto via libera definitivo alla prima manovra gialloverde, che - dopo il voto di fiducia serale ottenuto con un 327 sì a 228 no - arriverà solo domenica a un soffio dall'esercizio provvisorio. Senza contare i sindacati pronti alla mobilitazione, i pensionati arrabbiati per il raffreddamento degli adeguamenti degli assegni e i sindaci in allarme per il rischio di dover tagliare i servizi, per evitare di alzare le tasse.
Tecnicamente ieri sera l'aula della Camera, dopo aver terminato le votazioni sulla seconda parte della manovra (cioè le tabelle alla legge di Bilancio), era passata all'esame degli ordini del giorno, ovvero oltre 200 votazioni che, vista la «tagliola» della seduta notturna che termina per regolamento a mezzanotte, riprende questa mattina alle 9 9. L'ok definitivo alla manovra, con il voto finale, è atteso per il pomeriggio odierno.
Intanto il governo ha incassato l'ultima fiducia del 2018 su una manovra fatta «sapendo che non ne farete un'altra e che scarica i costi sulle generazioni future», attacca il capogruppo Dem Graziano Delrio, mentre Forza Italia consuma l'ennesimo strappo dall'ormai ex alleato, accusato di 'alto tradimentò. Il governo a trazione grillo-leghista ha prodotto una manovra che è «un mix di pauperismo e dilettantismo che l'Italia non può permettersi di subire a lungo», affonda Silvio Berlusconi mentre con una buona ora di ritardo i deputati cominciano a sfilare per la chiama davanti ai banchi del governo. Ci sono quasi tutti, ad assistere, a partire dal premier Giuseppe Conte e dal ministro dell'Economia, Giovanni Tria. Presente Luigi Di Maio, assente (ma è senatore) il suo 'omologo', Matteo Salvini.
E assistono all'escalation di tensione in Aula, e di sfoghi delle opposizioni contro Fico, accusato ad esempio dal Pd di non essere imparziale per non aver censurato le «offese» della deputata M5S Teresa Manzo, 'colpevolè di avere accusato i dem «di un reato, difendere i truffatori delle banche», come dice Emanuele Fiano, uno dei più accalorati in Aula. Fanno «quello che facevamo noi,e ci chiamavano squadristi e violenti», solo che «noi difendevamo i più deboli», loro «chi è stato truffato dalle banche» dice ironico Di Maio, commentando su Fb gli attacchi delle opposizioni, «nervose» perché oggi «vedono cadere tutte le teorie con cui hanno ipnotizzato gli italiani per anni».
Il governo sta andando incontro ai bisogni di chi «si è sentito abbandonato fino al 4 marzo», con una manovra, aggiunge il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, «tutta made in Italy» e non certo scritta sotto dettatura europea. Ecco spiegato «il ritardo» con cui arriva l'approvazione. I tempi stretti, sottolinea peraltro proprio da Bruxelles Marco Buti, direttore generale della Direzione generale per gli Affari economici e finanziari della Commissione europea, vanno proprio imputati all'esecutivo italiano, visto che il primo alert era arrivato il 5 ottobre. Non solo, l'accordo in extremis è stato trovato sui conti del 2019, non degli anni successivi, e la Commissione, ha ricordato Buti, non tiene in considerazione nemmeno nelle stime le clausole di salvaguardia sull'Iva, che sono quindi, anche in questo caso, frutto di una scelta tutta di Roma.
La Ue, insomma, ha approvato «i numeri, non i contenuti della manovra».
Leggo.it