Nuove regole per il diritto d'autore. Il Parlamento europeo ha approvato la riforma del copyright con 348 sì, 274 no e 36 astenuti. Dopo il lungo dibattito e le molte pressioni che hanno spinto anche il presidente dell'Europarlamento a un richiamo pubblico, dunque, le nuove norme Ue consentiranno a creatori ed editori di notizie di negoziare con i big della Rete un equo compenso per i propri contenuti usati su internet. A misurare il problema sono i numeri. È sufficiente un esempio della Siae per capire il perché dei molti favorevoli alla riforma: per 3,8 milioni di visualizzazioni di un video su una piattaforma web, l'autore si vede corrispondere appena 18 euro dalla piattaforma stessa.
Il tema portato avanti dai contrari - tra cui, per l'Italia, Lega e 5 Stelle - è la presunta lesione della libertà di internet. Se è vero che i sì hanno vinto, lo è pure che i no continuano - e soprattutto continueranno - a far sentire la loro voce. La Direttiva, infatti, dovrà essere recepita con legge dai vari Paesi membri dell'Ue e affinché questo accada bisognerà attendere fino al 2021. La necessità di leggi nazionali apre il tema di possibili legislazioni differenti da Paese a Paese, con i problemi che comporterebbe. Tra i punti più contestati, la Link Tax, ossia la possibilità per gli editori di addebitare costi alle piattaforme che usano loro contenuti, e la responsabilità diretta delle piattaforme sui contenuti pubblicati. La Direttiva va a colpire in particolare YouTube, Facebook e Google News, insomma le piattaforme più grandi, che dovranno condividere parzialmente i ricavi di questo o quel contenuto con il suo autore. Le piccole saranno esentate. Rimangono liberi la condivisione di frammenti «molto brevi» di articoli di attualità, il caricamento di testi su enciclopedie online a fini non commerciali - salva dunque Wikipedia, che comunque due giorni fa in Italia ha oscurato le pagine per sollecitare il no - o su piattaforme per la condivisione di software open source. Nessuna restrizione per i contenuti usati per insegnamento e ricerca. Esultano la Siae e gli autori italiani: per Mogol è «una svolta storica».
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