«D'Arby addio, ora canto la mitologia»

«D'Arby addio, ora canto la mitologia»
La sua voce, soul e meravigliosamente satura, è sempre lì, puntuale a guadagnarsi il microfono e a colorare in modo unico qualsiasi canzone approcci. Il volto di Sananda Maitreya, come quello di tutti noi, deve obbedire alle regole del tempo. Ma quella voce, lei no: ti raggiunge e non hai difese. Colui che fu Terence Trent D'Arby e che, «per salvare la mia libertà artistica e la mia vita», dal 2001 è legalmente diventato Sananda Maitreya non smette di pensare e creare, e di trasformare tutto questo in suono. Da metà ottobre è uscito per Treehouse Publishing Prometheus & Pandora, imponente concept-album fatto di tre dischi e un unico, articolato racconto che affonda il proprio simbolismo nella mitologia greco-romana.

«Da lì viene la nostra grande cultura occidentale spiega l'artista durante lo showcase per presentare il disco al Blue Note di Milano, la sua città adottiva da molto tempo La Bibbia e la mitologia ci dicono che l'Uomo è stato creato da Dio. Per noi è vitale ricordare la nostra storia. Oggi la civiltà occidentale è in crisi perché sta perdendo la propria memoria».
Quale popstar oserebbe fare discorsi così controcorrente e liberi? Sananda Maitreya traduce tutto questo in parole e musica, in un'opera distribuita per 53 brani e 178 minuti interamente suonati e arrangiati da lui stesso. «La musica che ascolto oggi? Non trovo nulla di coinvolgente, alla fine torno sempre ai Beatles e ai Pink Floyd, o a classici come Jesus Christ Superstar. Da quel musical, col benestare degli autori Tim Rice e Andrew Lloyd Webber, ho tratto l'unica cover dell'album, che canto in duetto con la mia amica Luisa Corna: è I Don't Know How To Love.
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