La direttiva era stata formalizzata nel gennaio del 2011 da Kim Jong-il in vista della nomina del figlio a suo successore: chiunque ne avesse condiviso il nome avrebbe dovuto cambiarlo. Come emerge da un documento interno allo 'stato eremita' diffuso dalla sudcoreana Kbs e ripreso dal Guardian, Kim-Jong-il aveva diffuso un «ordine amministrativo» perché tutti i funzionari pubblici, funzionari di partito, delle forze armate e della polizia, ne assicurassero l'attuazione.
«Tutti gli organi del partito e della pubblica sicurezza devono compilare liste con i nomi di cittadini con il nome di Kim Jong-un...e convincerli a cambiare volontariamente i loro nomi», si legge nel documento. Avrebbero di conseguenza dovuto essere adattati i nomi sui documenti ufficiali, inclusi i diplomi scolastici. Alle autorità si chiedeva inoltre di bocciare i certificati di nascita con neonati con il nome di Kim Jong-un. «Le autorità dovranno accertarsi che nessuno si lamenti o diffonda voci in modo non necessario sul questo progetto», sottolineava la direttiva.
Bandi analoghi erano stati adottati dai leader Kim Il-sung e Kim Jong-il, spiegano fonti del governo sudcoreano: «Dato che il nord ha mantenuto tale politica con i due leader precedenti, è possibile che continui a farlo ora». «Non c'è nessuno che si chiami Kim Il-sun e Kim Jong-il in Corea del nord e non ci sono dubbi che lo stesso valga per Jong-un» ha dichiarato il dissidente nordcoreano Park Jin-hee, che ora lavora per la Kbs e che era riuscito a lasciare la Corea del Nord nel 2008. Leggi l'articolo completo su
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