La mamma delfino fa del tutto per cercare di rianimarlo o comunque per non abbandonarlo al suo destino. E' la scena commovente alla quale hanno assistito i ricercatori di Oceanomare Delphis Onlus impegnati nel progetto ‘Delfini Capitolini’ sostenuto da Unicredit e Marine Village.
Come viene indicato dal report degli studiosi esperti in cetacei, grazie alla segnalazione di Duilio Francioli, il team ha osservato e videoripreso in mare, due miglia fuori il porto di Ostia, una situazione molto particolare e triste: un esemplare adulto di tursiope che ‘accudiva’ un piccolo già in stato di decomposizione, sostenendo e trasportando il corpo senza vita, e cercando disperatamente di tenerlo a galla. “In assenza di informazioni specifiche supponiamo che l’individuo adulto sia la madre. Nelle vicinanze della coppia madre-piccolo era presente anche un altro individuo, che mostrava un comportamento di accompagnamento e supporto” spiegano gli studiosi.
Da ciò che evidenziano gli esperti di Oceanomare Delphis Onlus, il comportamento di sostegno e trasporto di un piccolo morto, chiamato in inglese “Carrying dead calf”, è stato descritto per la prima volta da Aristotele 24 secoli fa e probabilmente è una conseguenza dell’intenso legame che esiste tra madre e piccolo: un legame così forte da rendere la madre incapace di lasciare il figlio nonostante l’evidenza della morte. Le femmine dei tursiopi raggiungono la maturità sessuale intorno ai 6-12 anni, mentre i maschi intorno ai 10-13 anni; si riproducono ogni 2-6 anni e la gestazione dura 12 mesi; partoriscono di norma un solo piccolo, lungo circa 1 metro, che viene allattato fino all'età di 18-20 mesi, quando è completato lo svezzamento.
“Invitiamo tutti a segnalarci l’eventuale spiaggiamento del piccolo e a chiamarci per ogni osservazione di delfini nell’area di Tor Paterno, Ostia, Fiumicino e Ladispoli” è l'appello degli studiosi impegnati nella campagna di ricerca davanti al litorale romano. Il sito internet attraverso il quale contattare l'organizzazione è www.oceanomaredelphis.org Leggi l'articolo completo su
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