I soccorritori indiani, cinesi, francesi e americani avrebbero puntato l'attenzione, in particolare agli inizi, sui luoghi dove si trovavano i turisti stranieri, tra città d'arte, aree vicine all'Everest o zone di trekking, “dimenticando” la popolazione. Soccorsi di serie A e serie B dunque. E, più ancora, soccorsi nel caos. Anche istituzionale.
Il primo ministro Sushil Koirala, durante una conferenza dei partiti nepalesi a Kathmandu, ieri, ha ammesso «le nostre operazioni di soccorso alle vittime non sono state efficaci». Lontano dal Paese durante il terremoto per un viaggio ufficiale in Indonesia, Koirala, è riuscito a rientrare solo domenica. «Il Governo ha ricevuto centinaia, migliaia di richieste di soccorso anche dai villaggi più remoti», ha dichiarato. Ma «l'amministrazione è riuscita a fare ben poco in molte aree per la carenza di macchinari e di personale addestrato a questo tipo di disastri».
I “numeri” sono troppo alti perché il Paese possa fronteggiare da solo l'emergenza: 5.057 vittime, oltre 10mila feriti, 450mila sfollati e una stima che supera i 10mila morti. Secondo l'Onu, sono 8 milioni le persone colpite dalla calamità. E, tra queste, 1,4 milioni stanno esaurendo cibo e acqua. Intanto, grazie al miglioramento delle comunicazioni, è sceso a dieci il numero degli italiani dispersi. Il premier nepalese, proclamati tre giorni di lutto nazionale, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale per avere medicine, tende, assistenza sanitaria. Leggi l'articolo completo su
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