Il nome della catena deriva da un modo di dire. A 40 anni, Caprotti riuscì a scalare la società che aveva costruito a Milano quel primo negozio di grande distribuzione, la Supermarkets, e la chiamò Esselunga quando si accorse che i clienti indicavano i suoi negozi con un articolato giro di parole: «il supermercato con la esse lunga», appunto.
Figlio del proprietario di un'azienda cotoniera della Brianza, dopo essersi laureato in Giurisprudenza, Caprotti andò in Texas, dove lavorò come montatore meccanico, per rientrare in Italia a 26 anni e assumere la direzione della ditta di famiglia. Poi il salto nel mondo della grande distribuzione. La sua morte coincide con un possibile momento di svolta per la sua creatura. All'esame di Citi ci sono due manifestazioni di interesse per Esselunga arrivate da Cvc e Blackstone. L'advisor dovrebbe fare il punto su quanto emergerà, valutare se approfondire il dossier e procedere sulla strada della vendita. Con la scomparsa di Caprotti, che in passato ha resistito alle avances di insegne della distribuzione del calibro della statunitense Walmart e della spagnola Mercadona, bisognerà capire quale strada verrà presa. Esselunga è valutata fra i 4 e i 6 miliardi di euro, a seconda che vengano considerati o meno immobili e aree di sviluppo.
Nel 2015 aveva una rete di 152 supermarket in Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Liguria e Lazio, conta oltre 22.000 dipendenti e un fatturato di 7,3 miliardi di euro. La vendita potrebbe in qualche modo risolvere il problema della successione. Fino all'ultimo è rimasto aperto lo scontro di Caprotti con i figli del primo matrimonio, Giuseppe e Violetta, estromessi nel 2011 dal controllo della società: la causa di merito è in Cassazione, anche se con Violetta c'era stato un riavvicinamento, e gli era al fianco anche negli ultimi momenti in clinica. Un'altra battaglia che lo ha segnato è stata quella con le Coop, che accusava di illecita concorrenza e scorrettezze.
Nel 2007 pubblicò il libro «Falce e carrello.
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