Una svolta che, almeno al momento, non è stata comunicata agli investigatori presenti al Cairo. Per questo le autorità italiane restano in attesa, di capire se vi sia qualcosa di concreto in quel che scrive Youm7 e, soprattutto, di avere in mano le 'provè che consentano di ricostruire esattamente quanto accaduto e di escludere che si tratti di una 'versione di comodò costruita ad arte. Già la settimana scorsa, d'altronde, era circolata la voce di due arresti, poi derubricati a semplici sospetti dalle stesse autorità egiziane.
Fonti italiane hanno però raccontato quella vicenda in altro modo: gli egiziani avrebbero tentato di forzare la mano mettendo sul piatto due colpevoli per chiudere la vicenda, ma davanti alla ferma opposizione italiana avrebbero dovuto fare marcia indietro. Nell'articolo pubblicato da Youm 7 si afferma inoltre che dopo aver ricevuto il rapporto medico legale sul corpo di Regeni e quello degli operatori della telefonia sulle telefonate in entrata e in uscita dal cellulare del ricercatore, la procura di Giza, «i servizi di sicurezza e le varie autorità competenti stanno intensificando gli sforzi e raccogliendo tutti gli elementi possibili per giungere a capire quanto accaduto e chiarirne la dinamica». Se si tratti dunque dell'ennesimo depistaggio e di qualcosa di concreto, lo si saprà probabilmente nelle prossime ore.
Quel che però è già chiaro è che al momento all'Italia nulla è stato comunicato sulla possibile svolta nelle indagini. Anzi: anche oggi, come ormai da diversi giorni, gli investigatori italiani al Cairo sono rimasti in attesa degli atti dell'indagine raccolti dagli egiziani e promessi al nostro team, senza però ricevere nulla, nonostante la rogatoria sia stata inviata per via consolare alle autorità del Cairo già nella giornata di martedì. Agli egiziani, gli uomini del Ros e dello Sco hanno chiesto il verbale dell'autopsia, che è stato secretato, i verbali delle testimonianze raccolte finora e di poter visionare le immagini delle telecamere: sia quelle della stazione di Bothooth, nei pressi dell'abitazione di Regeni, sia della fermata di Mohamed Naguib, vicino Tahir, dove il ragazzo aveva appuntamento con il professor Gervasio, sia quelle dei negozi lungo la via dove abitava.
Stando alla versione egiziana, quelle immagini o non sono più disponibili o non utili in quanto non si vede mai Regeni, ma gli investigatori vogliono ugualmente verificare di persona. Ulteriori elementi ritenuti fondamentali dal team italiano, sono i tabulati telefonici - sia quelli del telefono di Regeni sia quelli delle persone a lui più vicine - e l'analisi delle celle agganciate dai cellulari. L'obiettivo di quest'ultima attività, infatti, è quella di verificare dove il cellulare di Giulio viene agganciato per l'ultima volta - secondo gli egiziani tra il suo appartamento e la stazione di Bothooth - e di capire quali altri telefoni erano presenti in un arco di tempo compreso tra le 19.30 e le 20.25 nella zona di Dokki dove il ragazzo abitava. Tra questi, è l'ipotesi degli investigatori, potrebbe infatti esserci quello, o quelli, di chi ha fatto sparire Giulio. In attesa di chiarire l'ennesima versione egiziana, in Italia intanto si cerca di ricostruire la vicenda nei minimi dettagli. In quest'ottica, il direttore dell'Aise Alberto Manenti ha fatto davanti al Copasir una ricostruzione puntigliosa «ora per ora» su quanto avvenuto tra la sparizione di Giulio il 25 gennaio ed il ritrovamento del corpo, il 3 febbraio.
Lo stesso Manenti si trovava proprio al Cairo in quei giorni, ma, ha spiegato, a quanto riferito dal presidente del Copasir, Giacomo Stucchi, si trattava di una visita calendarizzata in precedenza e non aveva a che fare con la vicenda.
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