In serata una notizia positiva dalla Farnesina: il decimo italiano in un primo momento dato per disperso non era nel ristorante al momento dell'attacco e ha contattato la famiglia. Il commando jihadista era arrivato all'Holey Artisan Bakery poco dopo le 9 di sera, ora locale. Nelle mani dei killer un vero e proprio arsenale, kalashnikov, bombe a mano, machete. Non ci sono state incertezze: prima gli spari e il grido ormai diventato sinonimo di morte in tutto il mondo 'Allah u Akbar', poi alcune raffiche ad altezza d'uomo che hanno freddato due poliziotti, l'irruzione nel ristorante, le luci spente e le telecamere messe fuori uso, gli stranieri dalla pelle chiara sgozzati con ferocia. Infine la tragica messa in scena degli interrogatori degli altri avventori presi in ostaggio ai quali veniva imposto di recitare alcuni versetti del Corano. Per chi non ci riusciva non c'è stato scampo e così sono stati ammazzati anche un indiano e due bengalesi, un ragazzo e una ragazza studenti di università americane tornati a casa per trascorrere la fine del Ramadan con i loro familiari. Intanto fuori era il caos.
Quattro delle nove vittime nell'ultimo selfie: Nadia benedetti (seconda a sinistra), Adele Puglisi (terza da sinistra), VIncenzo D'Allestro (quarto a sinistra), Cristian Rossi (in basso a destra)
I pochi che casualmente erano sfuggiti agli assassini - l'imprenditore Gian Galeazzo Boschetti era in giardino a fare una telefonata, il cuoco veronese Iacopo Bioni, lo chef italo-argentino Diego Rossini e altri dipendenti del locale che al primo sparo avevano intuito la tragedia si erano rifugiati su una terrazza - avevano dato l'allarme. E le forze speciali avevano isolato la zona circondando l'edificio, facendo confluire mezzi di soccorso e pianificando un intervento per liberare gli ostaggi. L'attesa però è stata lunga, c'era la consapevolezza che comunque un'azione di forza avrebbe causato anche vittime innocenti. «Nessuna intenzione di trattare», dicevano fonti vicine al governo ma testimoni sussurravano: «Si sta cercando un contatto». Nulla da fare. Le ore passavano e nel ristorante trasformato in trappola gli stranieri dei 'Paesi crociati' (così li definirà più tardi nella sua seconda rivendicazione lo Stato Islamico) morivano. Torturati, sgozzati. Sottolineerà l'agenzia Amaq, megafono dell'Isis, che «i combattenti» hanno identificato e rilasciato «i musulmani», presumibilmente persone che avevano saputo recitare versetti del Corano.
I volti dei cinque attentatori del commando jihadista entrato in azione nel nome di Allah.
Numerose testimonianze in tal senso lo confermano.
Leggo.it