Il sistema ibrido infine, libero dalle limitazioni di consumo, ha una potenza che passa da 900 cv a 1.160 cv grazie all’aumento di potenza dell’motogeneratore anteriore (da 400 a 440 cv) e soprattutto del V4 2 litri turbo (da 500 a ben 720 cv). Anche le gomme sono state rinforzate e riviste nella mescola che, in una gara di durata come la 24 di Le Mans, deve sopportare almeno 3 stint ovvero circa 500 km, un’eternità per un’auto da corsa.
La Porsche ha poi puntato la propria arma su circuiti simbolo, primo fra tutti Spa-Francorchamps dove il primo settembre 1985 aveva perso la vita Stefan Bellof, detentore del record assoluto sul Nürburgring con un tempo di 6’11”13’ stabilito sulla Porsche 956C il 18 maggio 1983, durante le qualifiche per la “1.000 km”. Ironia della sorte, tutti e due i tracciati si trovano sulle Ardenne, anche se il primo è sul versante belga e l’altro su quello tedesco, ma distano meno di 90 km. Ebbene, la 919 Hybrid Evo con Neil Jani al volante a Spa ha fermato i cronometri a 1’41”770, un tempo che batte di 783 millesimi l’1’42”553 fatto segnare da Lewis Hamilton con la sua Mercedes F1 W07 quando conquistò la pole position del Gran Premio del Belgio il 27 agosto 2017 e che distanzia di oltre 12 secondi la performance fatta registrare dalla 919 “regolare” alla “6 Ore” del 2017.
Poi è venuto il turno del Nürburgring e lì la 919, guidata da Timo Bernhard, è stata davvero devastante: 5’19”54, ovvero quasi un minuto in meno del record di Bellof ad una media di quasi 240 km/h e sfiorando la velocità massima di 370 km/h. E non è finita: nel tour commemorativo della 919 ci sono ancora Brand Hatch e Laguna Seca, altri luoghi storici del motorismo dove la Porsche vuole scrivere il proprio nome a carattere cubitali anche dove non ha mai vinto, ma con la voglia di ribadire la propria missione di marchio sportivo attraverso tecnologie che sono pronte per le auto di serie e che sono capaci di offrire una sintesi inedita tra prestazioni ed efficienza.
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