C’è una storia che sembra diventata quasi una favoletta. Se non fosse una cosa seria ci sarebbe quasi da ridere. Si tratta dell’Iva, della detraibilità dell’Iva sulle vetture aziendali. Come prevedevano i principi ispiratori dei Trattati di Roma del 1957, l’Imposta sul Valore Aggiunto fu introdotta nel nostro paese nel 1972. Per ben 22 anni (dal 1979 al 2001) l’Italia è rimasta ferma sulla totale indetraibilità dell’Iva sulle auto aziendali. Nel primo anno del nuovo millennio i nostri legislatori decisero di introdurre la detraibilità del 10% dell’Iva, ma proprio in quell’anno arrivò la sentenza della Corte di Strasburgo che condannò lo Stato ad applicare la detraibilità totale, cioè al 100%, come previsto dalle normative dell’Unione.
Avvisi e condanne sono rimasti disattesi, nel 2006 dal 10% si decise di passare al 15%, sempre un’aliquota insignificante rispetto ai paesi nostri concorrenti. Il Mef dell’epoca spiegò a Bruxelles che era giusto limitare la detrazione al 40% «in quanto percentuale accertata di utilizzo del veicolo a scopi di produzione del reddito». L’UE autorizzò la richiesta per il periodo 2007-2010, poi si è andati avanti su rinnovi triennali della deroga, l’ultimo dei quali scade il prossimo 31 dicembre. Da gennaio si passerà alla detraibilità al 100%? Niente affatto. Il governo ha chiesto un’ulteriore proroga e l’Unione europea qualche settimana fa ha dato l’ok. Se ne riparlerà nel 2020...
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