Quando arrivava nell’ambiente giusto, non avveniva mai al momento ideale. È stato così quasi sempre, compresa la F1, dove Di Grassi ha corso poco nel 2010 e con una vettura poco competitiva come la Virgin. Perciò Lucas Di Grassi, che è brasiliano ma di origini italiane tanto che possiede anche il passaporto del nostro paese, ha sempre alternato il mestiere di collaudatore a quello di pilota. Perché era l’opportunità per non restare inattivo quando gli ingaggi mancavano. È diventato il tester della Pirelli con una F1 sperimentale per sviluppare gli pneumatici nel momento in cui il gommista milanese voleva entrare in F1. Poi ha fatto lo stesso con la Formula E collaudando il prototipo per gli organizzatori prima che varassero la categoria.
Perciò l’Audi, quando nel 2015 ha spostato Di Grassi dalle gare Endurance alla Formula E, l’ha fatto a ragion veduta. Si sarebbe affidata nella nuova categoria elettrica al pilota più sensibile, intelligente e capace di mettere a punto alla perfezione un’auto da corsa. E così è stato. Di Grassi in 4 anni di FE ha vinto 8 gare, un campionato (nel 2017) ed è stato due volte vicecampione.
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