squadra”, sorride.
“Le corse – spiega – valgono per la marca, più che per le vendite. Ma sono fondamentali per lo sviluppo delle competenze tecnologiche che poi trasferiamo nei nostri prodotti. È inimmaginabile quello che si impara in venti anni di gare, lavorando sotto costante pressione”. “Lo spirito è più importante del risultato perché non abbiamo clienti, ma tifosi”, aggiunge. Naturalmente non nasconde che l'obiettivo è quello di primeggiare, ma evidentemente non a tutti costi. Non a rischio di compromettere la simpatia per la marca. Che sta investendo su nuovi mercati con prospettive interessanti. Uno di questi è l'India, dove in media le moto italiane si vendono quasi a prezzi europei. E poi c'è la Cina, dove i volumi sono ancora piccoli ma i ritmi di crescita sono significativi.
Il primo mercato al mondo per Ducati è quello del Nord America (Stati Uniti, Canada e Messico) con poco più di 12.000 unità. L'Italia è seconda con quasi 6.570 (+53%) seguita dalla Germania con circa 5.500. Il lancio del brand Scrambler (16.000 sui 55.000 esemplari venduti lo scorso anno) ha consentito al gruppo – proprietà tedesca, quartier generale italiano, filiali dirette in 12 nazioni e oltre 720 concessionari in 90 paesi – di raggiungere nuovi clienti, che però sono disposti a spendere sempre un po' di più: per entrambi i brand “tirano” di più i modelli alto di gamma.
Ducati sta investendo molto. L'espansione della rete è uno dei capitoli di spesa più significativi oltre a quello sullo sviluppo. Gli addetti sono 1.541 (Domenicali è molto preciso), la maggior parte dei quali è occupata in Italia (1.150) dove è concentrata l'intera produzione. In Thailandia c'è un sito (200 lavoratori) dove Ducati assembla le moto destinate ai mercati dell'Asia. Lo scorso anno la società ha assunto 137 persone e pianifica di ingaggiarne altre cento quest'anno.
Per il momento, la collaborazione con Audi è soprattutto operativa e commerciale. Sono in corso studi e valutazioni su possibili cooperazioni tecnologiche sulle quali a Borgo Panigale come a Ingolstadt le bocche restano cucite. Leggi l'articolo completo su
Leggo.it