In un certo senso dunque sono un esperto di categorie dove il tasso di innovazione è particolarmente elevato e credo che questa tendenza sia inevitabile. L’ibrido, l’elettrico, e tra poco persino la guida autonoma nella Roborace, fanno ormai parte stabilmente delle competizioni così come nella vita normale. In pista non mi sono mai divertito tanto come con le Formula E. Le corse sono combattutissime, su circuiti ricavati al centro di grandi città, in posti bellissimi, dove il pubblico è a stretto contatto.
È un piacere correre così e sono pienamente cosciente che, guidando queste vetture, sto preparando il futuro della tecnologia dell’automobile raccogliendo conoscenze che saranno utili per fare auto più pulite e sicure da usare tutti i giorni. Dall’altra parte io credo che lo sport motoristico debba essere comunque uno sport e dunque esaltare le capacità del pilota che in certe categorie è in secondo piano.
Lì vinci e ti metti in mostra solo se hai la macchina migliore. Per questo immagino un motorsport dove, accanto alle categorie dove il fattore tecnologico è preponderante, ve ne siano altre dove il valore del pilota continui ad essere determinante. Per questo credo che le corse di durata, così come la Formula E, debbano essere necessariamente “tecnologiche”, perché esaltano l’efficienza e l’affidabilità. Certo, anche le GT un giorno potrebbero essere ibride anche a Le Mans, ma dobbiamo chiederci se questo non innalzi troppo i costi e alla fine snaturi le corse. Ogni transizione deve essere efficiente dal punto di vista dei costi e portarci verso il futuro, ma senza perdere l’essenza dello sport motoristico che è quello che da sempre rende la 24 Ore di Le Mans una delle corse più belle.
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