E Benelli sta già organizzando il reclamo alla Corte D’Appello di Ancona, in quanto il proprio bilancio «è solido e dispone di liquidità sufficiente per l’adempimento delle obbligazioni assunte». Benelli moto viene fondata nel 1911 dai sei fratelli Benelli: Tonino, Francesco, Giovanni, Giuseppe, Filippo e Mimo. È la loro mamma Teresa Boni, rimasta vedova, che decide di vendere dei terreni per allestire in un fabbricato in centro a Pesaro la prima “Officina meccanica di precisione”. L’azienda attraversa il secolo tra grandi successi commerciali e sportivi (due motomondiali, 16 campionati italiani, un mondiale costruttori, solo per citarne alcuni), le rovine provocate da terremoti e due guerre, e poi le rinascite, i litigi tra fratelli, modelli di successo come il Leoncino, la motorella, il Tornado, il Tnt, scissioni come la creazione della Motobi, passaggi di proprietà: dagli eredi Benelli a De Tomaso, da Giancarlo Selci di Biesse alla Fineldo della famiglia Merloni, per poi passare nel 2005 ai cinesi della Qj. Con la multinazionale si allargano le vendite all’Oriente e al Sudamerica, e viene diversificata la produzione anche nelle biciclette elettriche.
Attualmente, nella fabbrica di Pesaro lavora una settantina di operai. Il bilancio del 2015 si è chiuso con un -5.700.000, a cui si deve aggiungere il risultato negativo dell’anno precedente per -800mila euro. La sentenza di fallimento arriva però proprio quando le vendite segnano un trend positivo sia per i modelli 50 che per quelli più potenti come la Naked da oltre 300 cc.
Leggo.it