Un fisioterapista di 59 anni, che lavora anche in una squadra di calcio giovanile dell'hinterland di Milano, è finito in carcere con l'accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di minori. L'indagine coordinata dalla Procura e svolta dalla Polizia locale ha preso il via in seguito a una denuncia/querela presentata dal padre di una delle vittime, che ha raccontato degli abusi del fisioterapista, persona peraltro vicina alla famiglia.
Fisioterapista abusava dei giovani calciatori
Durante l'attività investigativa è emersa la concreta ipotesi che l'uomo, in passato, abbia potuto abusare di altri soggetti minori di 18 anni.
Dalle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dalla pm Elisa Calanducci, è emersa la possibilità che il 59enne possa avere abusato di altri minorenni oltre al ragazzino che ha denunciato l'accaduto. L'uomo, infatti, è «sempre a stretto contatto con ragazzi di giovani età - come si legge nella nota della polizia locale -, tutte sue potenziali vittime». Tra la famiglia del minorenne e il professionista vi sarebbe stata già una conoscenza pregressa. Nei giorni scorsi la misura cautelare in carcere emessa dal gip di Milano Rossana Mongiardo è stata eseguita dagli agenti e gli ufficiali del Nucleo Tutela Donne e Minori della Polizia locale.
Chi sono le vittime degli abusi
Sarebbero due fratelli le vittime del fisioterapista di 59 anni arrestato a Milano per violenza sessuale nei confronti di minori. A quanto si apprende, il professionista frequentava da tempo la famiglia dei ragazzini, con la quale si era instaurato un rapporto di fiducia, e avrebbe abusato di uno dei due durante una seduta di fisioterapia alla fine di luglio. Una volta che i genitori sono venuti a conoscenza dell'episodio, si è fatto avanti anche il fratello maggiore, che ha riferito di avere subito a sua volta molestie dal 59enne tra il 2018 e il 2021, quando aveva circa 13-14 anni. Come scrive il gip di Milano Rossana Mongiardo nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, l'uomo avrebbe «approfittato della giovane età del ragazzo» e «della situazione che lui stesso aveva contribuito a creare», instaurando un rapporto di «confidenza» con la famiglia e offrendosi di aiutare il giovane in varie attività quotidiane. In questo modo avrebbe utilizzato «questa stessa disponibilità come 'arma di ricatto'» affinché il ragazzino non raccontasse nulla. Una personalità «particolarmente allarmante», quella del 59enne, e gli episodi contestati dall'accusa «appaiono sintomatici di una notevole spregiudicatezza, di un'indole incapace di controllare i propri impulsi».
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