La credevano un vampiro: sepolta nel '600 con una falce sul collo

La credevano un vampiro: sepolta nel '600 con una falce sul collo

Era morta e volevano assicurarsi che rimanesse morta. E allora l’hanno tumulata così: con una falce sospesa sul collo. Se si fosse tirata su, sarebbe rimasta decapitata. E come ulteriore sicurezza, per impedirne i movimenti post mortem, un lucchetto chiuso sull’alluce sinistro. Lo scheletro in ottimo stato di conservazione dissepolto dagli archeologi nel piccolo villaggio di Pien, vicino alla città di Torun, Polonia, racconta di un’Europa schiava delle credenze popolari. Racconta di paure che prendevano la forma di vampiri, molto prima di Hollywood, molto prima di Bram Stoker (il romanzo Dracula è del 1897). Lo scheletro risale al XVII secolo.

È di una donna, che probabilmente ha pagato con questa particolare tumulazione anti vampiro un piccolo difetto fisico che oggi avremmo risolto con un apparecchio ortodontico: un dente incisivo molto protuberante. E un cappello di seta trovato nella tomba racconta che si trattava di una donna di un ceto alto, quindi probabilmente anche con una certa cultura. Un mix che agli uomini del Seicento - un retaggio che in qualche modo si è tramandato fino alla società maschilista da cui ancora non riusciamo a liberarci - faceva sentire puzza di diavolo. Gli archeologi non si spingono a dire se la donna sia stata uccisa per questo, ma di sicuro quando è morta i villici hanno voluto assicurarsi che non tornasse.

In un modo insolito anche secondo il professore Dariusz Polinski, a capo del team della Nicholas Copernicus University che ha fatto la scoperta: «Tra i modi usati per prevenire il ritorno dei morti c’era l’amputazione delle estremità, la sepoltura a pancia in giù, ma anche la lapidazione del cadavere o la cremazione. La falce è una novità: posizionata in modo che se la donna si fosse svegliata, immediatamente le avrebbe tagliato la gola nel tentativo di alzarsi». Il lucchetto sul dito del piede avrebbe valore simbolico, per significare «l’impossibilità di tornare».

Leggi l'articolo completo su
Leggo.it