Torture al Beccaria, finiti gli interrogatori. L'ammissione di uno degli agenti: «Ho perso il controllo, avevo chiesto cambio incarico»

Al vaglio degli inquirenti ci sono i video delle telecamere di sorveglianza e il resto del materiale agli atti, mentre nei prossimi giorni cominceranno le audizioni di alcuni testimoni

Sono stati interrogati oggi gli ultimi agenti della polizia penitenziaria fra i 13 arrestati nell'inchiesta della Procura di Milano su maltrattamenti e torture nel carcere minorile Beccaria. Dei quattro che sono stati sentiti in mattinata dal gip Stefania Donadeo, due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Gli altri avrebbero spiegato, in sostanza, di essere stati abbandonati a loro stessi, «senza una formazione adeguata» e trovandosi a gestire «ragazzi problematici».

 

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Maltrattamenti e torture

«Ammetto che ho avuto un intervento fisico sul ragazzo e un calo di professionalità». E ancora, «ammetto di non aver avuto il controllo e l'ho buttato contro il muro per fargli aprire la bocca». Con queste parole, uno degli agenti della polizia penitenziaria arrestati nell'inchiesta della Procura di Milano per maltrattamenti e torture al carcere minorile Cesare Beccaria, ha raccontato davanti al gip Stefania Donadeo uno dei pestaggi a danni di un detenuto.

Ripercorrendo l'episodio di un ragazzo che rifiutava di essere portato in infermeria, anche alzando «i pugni», l'arrestato ha spiegato di averlo «preso di peso» per trascinarlo dai medici. «Riconosco come comportamento violento il fatto di aver spinto il detenuto contro il muro e di averlo buttato a terra», ha aggiunto, sottolineando però di non avere «tantissima esperienza (solo 7 anni)» e che «la carenza di personale che affligge il Beccaria» costringe gli agenti «ad accelerare i tempi per sviluppare le professionalità». Dichiarando di essere stato «investito di incarichi di responsabilità dopo solo 9 mesi di lavoro», ha anche detto di aver capito che aveva «bisogno di essere aiutato» e di aver chiesto di essere «rimosso da questa responsabilità per il sovraccarico di lavoro».

Molti degli agenti interrogati in questi giorni dal gip non hanno invece ammesso le violenze di cui vengono accusati, motivando i vari episodi con l'aggressività dei detenuti. Più di una volta è stato spiegato che gli schiaffi e le manette sono stati necessari per difendersi. Uno degli arrestati ha raccontato di avere «ammanettato» un ragazzo «con le braccia dietro alla schiena» perché «era incontenibile», dicendosi poi dispiaciuto «che i detenuti abbiano fatto queste dichiarazioni» perché «li ho salvati tante volte. Io sono intervenuto perché dovevo difendere me stesso, perché loro ce l'avevano con me». 

«Non sapevo cosa fare» avrebbe sussurrato un agente tra le lacrime, accusato di aver assistito alle aggressioni contro alcuni minorenni ospiti della struttura. «Sapevo di essere ripreso dalla telecamera quando agivo, ma volevo finisse...per me l'arresto è stata un sollievo» le parole, inattese, di un altro agente che deve rispondere di tortura. Per gran parte di loro gli avvocati hanno chiesto misure alternative al carcere, ma c'è anche chi - per vergogna - non ha chiesto i domiciliari a casa dei genitori.

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