Roberto Spada condannato definitivamente a sei anni per la testata all'inviato Piervincenzi: riconosciuta l'aggravante mafiosa

Testata all'inviato Rai, Roberto Spada condannato definitivamente a sei anni: riconosciuta l'aggravante mafiosa
Roberto Spada è stato condannato in via definitiva a sei anni di reclusione per violenza privata e lesioni aggravate con il riconoscimento dell'aggravante mafiosa: Spada il 7 novembre 2017 aggredì la troupe della trasmissione Rai Nemo, colpendo con una testata il giornalista Daniele Piervincenzi e picchiando anche il cameraman Edoardo Anselmi.


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Alla lettura del verdetto in Cassazione anche la sindaca Virginia Raggi. Spada è tuttora in carcere e a settembre gli è stata inflitta la pena dell'ergastolo in un altro processo per vari reati, tra i quali l'associazione mafiosa con altri membri della famiglia sinti alla quale appartiene e che ha ad Ostia il suo quartier generale. 



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«Questa non è una sentenza solo per me ma per tutti i cittadini di Ostia, spero sia un nuovo inizio», ha detto Daniele Pievincenzi, il giornalista che quel giorno fu aggredito con una testata da Roberto Spada a Ostia. Piervincenzi all'Adnkronos ha commentato la sentenza pronunciata dai giudici della V sezione penale della Cassazione che hanno dunque riconosciuto l'aggravante mafiosa. «Importante è proprio che sia stato riconosciuto il metodo mafioso», ha detto il giornalista, che per via di quella testata subì la frattura del setto nasale.

 
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«Questa sentenza è un riconoscimento per tutti quei giornalisti, come Daniele Piervincenzi, che ogni giorno varcano i fortini della criminalità organizzata per rivolgere a piccoli e grandi boss le domande più scomode», ha commentato l'avvocato Giulio Vasaturo, legale della Fnsi, costituita parte civile nel processo a carico di Spada. «Questa pronuncia -sottolinea Vasaturo- riconosce la matrice propriamente mafiosa di un atto di protervia criminale particolarmente efferato e vile». 



LA SENTENZA DEFINITIVA La Quinta sezione penale della Cassazione ha stabilito così che sul litorale romano sono stati usati metodi mafiosi per impedire ai professionisti dell'informazione di fare il loro lavoro d'inchiesta. Anche la sindaca Virginia Raggi ha voluto essere presente alla lettura del verdetto, portando così avanti la sua battaglia al crimine organizzato che invade la capitale.

 


Nella sua requisitoria, il Pg della Cassazione Pasquale Fimiani aveva detto che si è trattato di metodo mafioso con gli «indicatori» della intimidazione, tanto che nessuno ha alzato un dito in soccorso delle vittime. «Sono stati correttamente individuati, dalla Corte di Appello, gli indici sintomatici che rilevano la sussistenza dell'aggravante del metodo mafioso con una deliberata e ostentata manifestazione di potere» nell'aggressione alla troupe di Nemo, ha sottolineato il Pg Fimiani. A suo avviso, in questo episodio violento «ci sono una serie di indici del metodo mafioso» tra i quali il fatto che «nessuna delle persone presenti nella palestra gestita da Spada, davanti alla quale si è svolta l'aggressione ai giornalisti, è intervenuta in favore delle vittime».



Insieme a Piervincenzi è stato picchiato anche il cameraman Edoardo Anselmi. A dare man forte a Spada c'era il suo guardaspalle, Ruben Nelson Del Puerto la cui posizione è stata stralciata ed è ancora in grado di Appello. «È importante che questa sentenza sia stata confermata per i segnali che possono derivarne sia in termini di ordine pubblico che di riaffermazione della presenza dello Stato anche nei quartieri periferici di Roma», ha commentato l'avvocato Antonio Marino, legale di parte civile di Piervincenzi e Anselmi facendo anche riferimento al fatto che a ottobre la Cassazione ha invece escluso che fosse mafia l'organizzazione di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati processati nel 'Mondo di mezzo'. Anche gli altri avvocati di parte civile in rappresentanza di Roma Capitale, Regione Lazio e Ordine dei Giornalisti avevano chiesto la conferma della condanna. 


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