«Non parliamo delle 'vittime' o sulle 'vittime', ma scegliamo di dare direttamente voce alle donne che hanno subito violenza, non per raccontarne morbosamente i particolari, ma per ascoltare ciò che hanno da dire». È l'appello della giovane studentessa vittima della violenza in una residenza universitaria torinese diffusa, attraverso la sua legale Silvia Lorenzino, alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
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Firmandosi 'una sopravvissuta alla violenza', la giovane invita «ad avere paura che la violenza diventi retorica. Vi invito ad avere orrore nel pensare che persone, che da bambini sono state cresciute nella nostra società, la pratichino, giustifichino e persino la legittimino perché funzionale ad appagare dei 'bisogni primari'. C'è un evidente problema e a quanto pare ne facciamo tutti parte», prosegue e aggiunge: «vi invito a riflettere su cos'è violenza se non il diritto auto-accreditato di annullare una persona. Può presentarsi in diversi modi può essere fisica, sessuale, psicologica, economica, come molteplici sono i modi di reagire: c'è chi non ci riesce, non ce la fa fisicamente, chi è assuefatto e non riesce nemmeno a riconoscerla. Rimane una violazione di libertà».
«Il 25 novembre di quest'anno - scrive ancora la studentessa - lo carico di consapevolezza, che mi sta insegnando a maturare la mia nuova prospettiva della realtà e che sento utile condividere.
«Io sono stata 'fortunata' sotto molti punti di vista, ma alcune di quelle che, da una prospettiva esterna, potrebbero essere le mie 'compagne di statistiche', no. Mi permetto, quindi, di invitarvi, nuovamente, a riflettere su ciò di cui ha bisogno e/o non ha bisogno una 'vittimà. Sicuramente non ha bisogno di continuare ad essere annullata (anche se in modo completamente diverso) quale mero strumento di narrazioni altrui. Non esiste una data di scadenza della dignità. Sicuramente non è il momento in cui si subisce violenza. E non esiste il diritto di una voce più rumorosa a definirla con un 'forse ha provocato...' o 'se l'è meritato'. Rimane mia opinione che è importante fare informazione e parlarne, ma con rispetto (da parte di tutti e soprattutto di chi gestisce la diffusione della notizia)», osserva ancora.
«Vi invito ad avere paura anche di chi sceglie di caratterizzare gli aggressori o parla di 'giustizia privatà perché non è troppo diversa dalla violenza che in una società civile, giustamente, non riteniamo invocabile: esistono organi preposti all'amministrazione della giustizia ed è una fortuna sia così. Abbandoniamo per qualche momento la nostra paura per ricordare che la tutela della libertà coincide nel nostro Paese anche con la tutela di un diritto e ad oggi esiste un Sistema intero a sostegno delle vittime di violenza. Personalmente - conclude - mi ha dato conforto e supporto sostanziale di natura medica, psicologica, legale e soprattutto umano. Mi ha dato qualcosa per cui essere grata nelle circostanze. E questo di cui ha bisogno chi subisce violenza, avere dei motivi per avere fiducia nell'altro. Se è il caso, reimpararlo. C'è bisogno di un po' più di rispetto e di gentilezza».
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