Strage di Erba, il giorno della difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi: «Nuove prove li scagionano». Folla di curiosi

I legali vorrebbero anche sentire un tunisino il quale ipotizza che il massacro sia accaduto nell'ambito di un regolamento di conti nello spaccio di droga

Prosegue il processo sulla Strage di Erba. Di scena martedì 16 aprile, a Brescia, i difensori dei coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi nell'aula della Corte d'appello, in cui si discutono le istanze di revisione della sentenza che ha condannato all'ergastolo la coppia per la strage di Erba dell'11 dicembre del 2010. Un'udienza che si prevede complessa e in salita. Romano e Bazzi sono nell’aula del tribunale di Brescia. Olindo, maglioncino grigio e pantaloni scuri, si è seduto nella gabbia, è rimasta in piedi, invece, a un paio di passi di distanza (sempre dietro le sbarre) Rosa, che indossa una giacca nera e una maglietta bianca. I due non possono essere inquadrati nell’aula aperta solo a un pubblico "selezionato".

 

La folla

Decine di persone si sono messe in coda in mattinata per poter poter partecipare al processo. La stessa scena era stata registrata all'esterno del Palazzo di Giustizia in occasione della prima udienza, sotto la pioggia, lo scorso 1 marzo.  Tra la gente in coda tante persone – giovani compresi – che hanno detto di voler assistere all'udienza per curiosità. Giuseppe e Pietro Castagna, fratelli e familiari di tre delle quattro vittime della strage di Erba, hanno deciso di non partecipare. «Per loro essere qui sarebbe motivo di dolore. La verità è già scritta e speriamo che presto sia confermata e che non si debba più parlare di questa strage, ma si ricordino le vittime» sono le parole pronunciate, prima di entrare in aula, dall’avvocato Massimo Campa che tutela gli interessi dei fratelli Castagna.

 

Il processo

Gli avvocati illustrano quelle che definiscono "nuove prove" che, secondo loro, potrebbero comportare il proscioglimento dei coniugi che nei giorni successivi all'eccidio in cui furono uccise quattro persone (tra cui un bambino di due anni) confessarono di essere gli autori della strage. Confessioni che per la difesa furono indotte in quanto Romano e Bazzi, vicino di casa delle vittime, non erano in condizioni mentali da sostenere un interrogatorio come stabilito da consulenti della difesa negli elaborati allegati all'istanza di revisione. 

Non solo, secondo la difesa dei due imputati, la testimonianza di Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla strage di Erba, è «una prova sospetta, non nitida» perché dal letto di ospedale di Como «indica un soggetto non noto, fa stilare all’ufficio di procura un identikit che raffigura un soggetto completamente diverso» dal vicino di casa Olindo Romano.

«L'intossicazione da monossido di carbonio», gli assassini appiccarono il fuoco nell’appartamento di Raffaella Castagna per cancellare le tracce della strage, «hanno determinato – secondo un pool difensivo di esperti – il decadimento di funzioni cognitive importanti, come alterazioni della memoria, della capacità di ricordare e della capacità di orientamento».

 

Il testimone

I legali vorrebbero anche sentire un tunisino il quale ipotizza che il massacro sia accaduto nell'ambito di un regolamento di conti nello spaccio di droga. Sulla stessa linea la richiesta di revisione presentata dal sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser «in modo irrituale e senza averne titolo» come sostenuto dal pg di Brescia Guido Rispoli e dall'avvocato dello Stato Domenico Chiaro secondo i quali, invece, a carico della coppia esiste «una cascata di prove».

 

Le parole di Azouz Marzouk

«Conduco questa battaglia per tutti. Ho letto le carte, ho visto il percorso di questi anni che confermano che qualcosa non va. Sono tantissime le cose che non tornano». Lo afferma Azouz Marzouk, marito e padre di due delle quattro vittime della strage di Erba, varcando l’ingresso del tribunale di Brescia.

 

L'accusa

L'accusa ha chiesto siano dichiarate inammissibili tutte le istanze compresa quella del tutore di Olindo e Rosa, l'avvocato Diego Soddu. In aula, la scorsa udienza, oltre ai coniugi, che hanno chiesto di non essere ripresi, c'era anche Azouz Marzouk. L'uomo sostiene che i coniugi Romano siano innocenti e che si debba indagare altrove. Per le modalità con cui furono uccise le vittime, a colpi di spranga e a coltellate, il tunisino aveva parlato di «killer», di «gente che sa uccidere».

Leggi l'articolo completo su
Leggo.it