La Corte ha dunque accolto la ricostruzione della Procura che per Cagnoni aveva delineato un movente legato alla separazione della moglie, da alcuni mesi assieme a un altro uomo, Stefano Bezzi, presente in aula. Dove inoltre, in prima fila davanti a una delle sedie destinate al pubblico, le associazioni a tutela delle donne hanno lasciato un paio di scarpette rosse durante l'intera udienza: a testimoniare che quello era simbolicamente il posto riservato a Giulia, vittima di femminicidio. Così Cagnoni - secondo le verifiche della polizia coordinate dai Pm Alessandro Mancini e Cristina D'Aniello - aveva attirato la donna dentro a quella villa disabitata con la scusa di volerle mostrare alcuni quadri da piazzare a un gallerista.
Quindi l'aveva ammazzata con un tronco tagliato da una loro villa sul litorale e appositamente portato sulla scena del crimine. Poi aveva trascinato il corpo della consorte nello scantinato là dove - prosegue l'accusa - aveva reagito agli ultimi sussulti della donna fracassandole la testa contro lo spigolo del muro. A quel punto con i tre figli minorenni, ora affidati al fratello della defunta, era partito alla volta della villa paterna di Firenze dove era stato fermato dalla polizia alle prime ore del 19 settembre, dopo una rocambolesca fuga per i campi iniziata verso mezzanotte con un acrobatico salto dalla finestra della villa immortalato dalle telecamere di videosorveglianza della dimora.
Fin dal primo interrogatorio di convalida davanti al Gip fiorentino, Cagnoni si era proclamato innocente: una posizione, la sua, ribadita nelle tantissime lettere inviate dal carcere ad amici, conoscenti e persino ai magistrati.
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