Seicentosessanta milioni di mascherine chirurgiche saranno nelle prossime settimane sul mercato italiano ad un prezzo medio di 38 centesimi di euro al pezzo. A produrle saranno cinque aziende italiane - la Fab, la Marobe, la Mediberg, la Parmon e la Veneta Distribuzione - che hanno già siglato i contratti con il commissario straordinario per l'emergenza Domenico Arcuri.
Ma Confcommercio va all'attacco: «Con le attuali dinamiche di mercato il prezzo massimo di 50 centesimi è una cifra che non sta né in cielo né in terra», accusa la vicepresidente, Donatella Prampolini, contestando la cifra indicata dal governo per la vendita delle mascherine e sottolineando che le aziende hanno in carico le mascherine ad un prezzo maggiore. Confocommercio chiede di rivedere il prezzo fisso, portandolo almeno a 60 centesimi. «Altrimenti - dice- l'effetto immediato sarà che smetteremo di importarle. Intanto molte aziende hanno bloccato vendite e ordini».
Sulla stessa linea anche il governatore del Veneto Luca Zaia: «Se il Governo fissa a 50 centesimi il prezzo per una mascherina tutta la produzione nazionale sparisce, perché quello è il prezzo alla produzione delle mascherine italiane. Noi per equilibrare il mercato abbiamo comprato mascherine chirurgiche fatte in Veneto e il prezzo era a un euro. Bisogna dare un aiuto alle imprese nazionali per permettere loro di stare sul mercato».
Intanto il commissario Arcuri Ha raggiunto un accordo con le farmacie: a quelle che hanno acquistato mascherine e dispositivi di protezione a un prezzo superiore ai 50 centesimi verrà garantito un «ristoro e assicurate forniture aggiuntive tali da riportare la spesa sostenuta, per ogni singola mascherina, al di sotto del prezzo massimo deciso dal governo». È quanto prevede un accordo firmato dal Commissario straordinario Arcuri con l'Ordine dei farmacisti, Federfarma e Assofarm.
riproduzione riservata ® Leggi l'articolo completo su
Leggo.it